La locandina Web della proclamazione |
"Solo" una menzione, che è pur sempre motivo di grande soddisfazione anche perché il contest era di un certo prestigio: Omaggio a Cesare Zavattini, immaginari, storie e aneddoti della Bassa, organizzato dalla Fondazione Un Paese - Centro Culturale Zavattini di Luzzara (RE). In giuria autorità locali e nomi noti del giornalismo come Gianni Mura e dello spettacolo, con Stefano Bicocchi (in arte Vito), nel doppio ruolo di giurato ed interprete dei racconti finalisti, accompagnato dalle note della fisarmonica di Lorenzo Munari. La cerimonia si è svolta sul palco del Teatro Sociale di Luzzara, un piccolo gioiello recentemente rinnovato.
Foto: Mattia Freddi |
Foto: Mattia Freddi |
La formula del contest era quella del racconto breve, anzi, brevissimo (1 cartella, 1800 battute). Una menzione che mi fa particolarmente piacere anche perché avevo timore di come sarebbe stata accolta la tematica che sono andato a trattare, che in qualche modo nonostante siano passati tanti anni, può essere ancora un argomento fastidioso.
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FIORI BIANCHI, FAZZOLETTI ROSSI.
L'Omero
l'ho
tenuto
d'occhio,
non
ha
battuto
ciglio
per
tutta
la
funzione.
Mentre
si
andava
al
cimitero
ho
visto
che
il
bastardo,
nella
mano
che
reggeva
il
manubrio
della
bici,
teneva
un
fiore
bianco.
Tanti
fiori
e
tanta
gente
in
chiesa:
seduti
davanti
l'Attilio
con
la
moglie.
Lei
era
cugina
della
mamma
dell'Elvira
e
dopo
la
guerra
si
era
presa
in
casa
la
pütleta.
C'era
il
maestro
Bertelli,
impassibile.
La
maestra
Castaldi
invece
le
lacrime
le
aveva
proprio
finite.
Dopo
che
il
Bertelli
l'aveva
bocciata
l'Elvira
era
andata
in
classe
con
la
Castaldi
e
di
anni
non
ne
aveva
persi
più.
Le
scuole
però
mica
le
aveva
finite.
Quando
l'Attilio
si
era
preso
anche
il
negozio
a
fianco
per
aprire
la
privativa
dietro
al
banco
ci
aveva
messo
la
moglie.
Così
era
toccato
all'Elvira
dargli
una
mano
in
posteria,
e
a
scuola
non
si
era
vista
più.
La
maestra
Castaldi
quando
andava
a
far
spese
le
diceva
cosa
studiare
e
le
guardava
i
quaderni.
E
si
arrabbiava.
Perché
in
vita
sua
di
studenti
bravi
così
ne
aveva
visti
pochi.
L'Elvira
l'aveva
cresciuta
il
suo
papà.
Le
diceva:
la
mamma
è
volata
via
quando
sei
nata,
e
lei
guardava
le
nuvole.
Il Bruno, il papà dell'Elvira,
faceva
il
messo
comunale,
da
sempre.
Solo
che
un
bel
giorno
per
farlo
aveva
dovuto
indossare
la
divisa:
le
cose
funzionavano
così.
Lo
sapevano
tutti,
o
almeno
così
credeva il Bruno,
e
il
25
aprile
mica
si
era
preoccupato
di
cavarsela
alla
svelta quella maledetta divisa, come
avevano
fatto
tutti
quando
l'Omero
e
gli
altri
erano
tornati
in
paese,
coi
fazzoletti
rossi
legati
al
collo.
Comincia
a far scuro. Dall'argine sale la nebbia, gennaio è così da sempre,
ma non è una cosa a cui ci si abitua. Non ci fai caso perché
l'inverno è fatto così, ma in certi giorni non riesci a far finta
di niente. Non ce la fai a non pensare a quanto è stata fredda la vita per l'Elvira, a quanto dev'esser stata fredda l'acqua del grande fiume.
L'immagine è un fotogramma del film "Il grido" (M. Antonioni - 1957) |
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