sabato 29 febbraio 2020

Un anno in Barcastop

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“Solo tra mare e cielo, cielo e mare, è lì che capisci quanto sei stronzo.”
(Alberto Sordi, ne “I nuovi mostri”)

Parafrasando Woody Allen il sottotitolo di questo libro potrebbe essere: “tutto quello che avreste voluto sapere sul barcastop (e magari avreste anche osato chiedere), ma che nessuno ha mai osato raccontare”. A colmare la lacuna ci ha pensato Erica Giopp, che in quanto a osare si rivela non essere seconda a nessuno. Osa nel mollare affetti e lavoro per ritagliarsi il tempo necessario a vivere il suo sogno. Osa nell'affrontare le traversate oceaniche e per farlo osa nel candidarsi a far parte delle ciurme più improbabili, ma soprattutto, senza saper cucinare, osa nel proporsi a queste ciurme come cuoca di bordo. Anche di vela e navigazione non è che ne sappia gran che, d'altra parte Erica è una montanara “... sono nata in salita, pochissime discese a Pieve di Cadore, (…) Le montagne le scalo da quando sono piccola, è il mare che mi manca, è l'orizzonte acqueo quello che voglio raggiungere, è l'ampiezza dello sguardo che voglio aumentare finché sono giovane, finché ho l'energia.”.

Un anno in Barcastop è rimasto sul mio comodino, in cima alla fatidica pila, per un bel po'. Aspettavo di essere nello spirito giusto prima di imbarcarmi, è proprio il caso di dirlo, nella sua lettura. Non so spiegarlo, certi libri li fiuto a pelle... intuivo che mi sarebbe piaciuto un casino e rimandavo, perché ci sono libri che a fine lettura ti fanno sentire in qualche modo naufrago, termine appropriato visto il contesto, e non mi sbagliavo. I libri a volte hanno bisogno di qualche pagina di rodaggio prima che la lettura salpi con il vento in poppa ma non è questo il caso. Superata la breve introduzione, una sorta di bugiardino con le avvertenze da tener presenti prima di immergersi nella lettura, sono bastate poche pagine per simpatizzare con l'autrice per la sua ironia nel raccontare e nel descriversi: “... ho questo fisico da lanciatrice di coriandoli (…) e il viso tondo da testimonial della Loacker...”.

Diversamente dalle aspettative Erica scopre che il barcastoppista per sua natura è un navigatore tanto determinato quanto improbabile “...di un'imperfezione quasi imbarazzante, spesso ha la pancia, le rughe o la cellulite, raramente è in forma e occasionalmente in carriera.”, e lei non fa eccezione.
Ma questa è solo l'apparenza, ciascuno ha le sue motivazioni per partire (c'è un divertente capitolo dedicato che ironizza su questo), e senza una forte determinazione non sarebbe possibile vivere con il sorriso i disagi e la fatica della vita di bordo.



Quando si naviga per settimane non serve essere degli eremiti naviganti alla Soldini per sentirsi comunque soli nonostante si viva h24 a contatto di gomito con tanti altri che ci erano sconosciuti fino a poco prima, tutti stretti in pochi metri: “Serge si fumava l'ultima sigaretta, segnava qualche parola nuova, mi dava una pacca sulla coscia e se ne andava, e se non mi dava questa pacchetta ci rimanevo male (…) La pacca sulla coscia, durante la navigazione dalla Nuova Caledonia all'Indonesia, era per me vitale. Senza scherzare, era l'unico contatto fisico che permettevo dopo mesi di navigazione e mi rendeva felice quel piccolo gesto, neanche fosse stato un abbraccio collettivo da parte di tutto l'equipaggio. La carestia, Ladies and Gentleman, quella vera.”.

Si ride e si scherza in queste pagine, non che Erica non si prenda troppo sul serio - o forse sì – ma la sua scrittura, schietta e diretta, ti parla con la sincerità senza filtri di un marinaio a volte ubriaco ma che non perde la sua lucidità, e per trovare la profondità delle sue parole e di questa sua esperienza non serve andare a leggere troppo tra le righe: “...con un viaggio in barcastop non si ritrova se stessi e non si risolvono i problemi. I problemi lasciati in sospeso alla partenza aspettano al varco al ritorno... (…) E un anno dopo, una volta rientrata, c'era una nuova domanda ad aspettarmi: sei cambiata?”

Non spoilero un bel niente se vi dico SNBGR, sappiate solo che il capitolo che porta questo titolo vale da solo il prezzo del biglietto che si paga al libraio per imbarcarsi nella lettura di questo libro.
“Durante le traversate succede che il mare, bastardo, tira fuori il meglio e il peggio di noi: e non ci sono costumi interi, cerate, mute in neoprene a coprirci, chi è speciale lo si becca subito.”.

UN ANNO IN BARCASTOP
Erica Giopp
Alpine Studio