giovedì 3 agosto 2017

SP233

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SP233 - Notte d'agosto in Vespa

Godo del sottile perverso piacere di questa vendetta postuma, consumata in piena notte.  So che è impossibile ma ho la netta sensazione di percepire lo stillicidio di microscopici schianti delle zanzare che vanno a spiaccicarsi sul fanale della mia Vespa mentre torno verso Varese. Dopo i trenta appiccicosi gradi della serata milanese la frescura del sudore che mi si asciuga addosso è una benedizione. Più che una vendetta la mia è una rappresaglia, non faccio prigionieri, per ogni bastardissima zanzara che mi ha punto mentre tiravo tardi con gli amici accanto al funtanun di Piazza Castello ne avrò già schiantate dieci volte tante. Senza rallentare attraverso un incrocio passando sotto ad un semaforo che lampeggia giallo nella notte, uno dei pochi sopravvissuti all'isterico sbocciare di rotonde che ha flagellato le strade di tutta la provincia, e questa SP numero 233 non fa eccezione. Una puttana di colore fasciata in uno striminzito abitino rosa fucsia mi appare come un miraggio notturno nel cono di luce di un lampione isolato. Ha dei capelli impossibili, stirati e colorati da bionda svedese. Fingo indifferenza e rallento sornione per godermi lo spettacolo di quel gran paio di tette enormi strizzate dal vestito, ma la mia falsa discrezione è nulla al confronto dell'esperienza della vita di strada. Avanza di un passo, mi sorride con lascivia, si porta due dita alle labbra e strizzando l'occhio mi soffia un bacio. Con l'altra mano con un gesto veloce alza il bordo della sottana e protende il bacino, ed ecco magicamente  materializzarsi tra le sue gambe una lunga appendice d'ebano! Fatico a distogliere lo sguardo dal basso ventre di quell'essere assurdo e mentre mi allontano sono inseguito da una risata sguaiata che sfocia in parole incomprensibili. Accelero e ben  presto torno ad essere inghiottito da quella che ora apprezzo come una rassicurante oscurità, rischiarata solo in parte dalla luce incerta del fanale della Vespa.

É notte fonda. Tra poche ore dovrò andare a lavorare ma con questo caldo la voglia di andare a letto a rigirarmi sudato tra le lenzuola è ai minimi termini, così mi attardo in cucina. La finestra è spalancata e non gira un filo d'aria. Tutto tace, il silenzio è scandito in sottofondo dal tic tac della vecchia sveglia che sta sulla credenza. Apro le ante dei pensili alla ricerca di chissà che, come se non sapessi a memoria quel che contengono. Vedo il tubo delle Pringles: possibile che ne siano avanzate dall'altra sera? Siii! È pieno per metà! Me ne infilo in bocca a tre alla volta, di una patatina fritta hanno giusto la forma e di cosa siano fatte forse è meglio non saperlo, ma le adoro! Apro il frigo e mi verso un bicchiere di latte. Il gusto dolciastro del latte freddo sulla lingua salata dalle Pringles mi fa impazzire. Chiudo il frigo. La cucina torna ad assopirsi nella sua quieta penombra. Infilo in bocca altre tre Pringles e butto giù un altro sorso di latte freddo. Un auto sfreccia nella notte. Non gira un filo d'aria. Consumo il mio spuntino notturno affacciato alla finestra, sperando di scorgere un movimento nelle fronde degli alberi del viale, qualcosa che faccia sperare in una bava di vento caldo che almeno smuova l’aria. Niente, soltanto il convulso svolazzare di ottuse falene ipnotizzate dall'alone di luce del lampione.

Non sono più l'unico essere a vagare di notte sulle strade deserte di questo pianeta rovente. Dritto in fondo davanti a me vedo le luci rosse di veicoli fermi a lato strada. Passo accanto a due auto in sosta, c'è gente che chiacchiera. Da una strada laterale vedo avvicinarsi la luce di una fanale: è una moto che approssimandosi all'incrocio fa un lampo col fanale e rallenta. La precedenza è mia. Prima di passare oltre vedo che si tratta di un'altra Vespa. Nello specchietto la vedo svoltare e prendere la mia stessa direzione. Rallento di poco e mi sposto a destra, l'altro capisce l'invito e si affianca. Ci guardiamo e ci scambiamo un sorriso d'intesa. Il tipo è un po' più giovane di me, porta lunghe basette e un pizzetto incolto che gli dà un'aria fricchettona. In testa indossa un casco a scodella di un colore scuro che non riesco a distinguere, con disegnate delle margherite bianche stilizzate. Da sotto al caschetto spuntano capelli lunghi e mossi. Il volto è pallido, sinistramente rischiarato dalla luce del contachilometri che lo illumina dal basso. Ha uno zainetto sulle spalle e veste un’ampia maglietta, jeans e sandali ai piedi. Ho il tempo di notare tutti questi particolari perché il tipo continua a viaggiarmi a fianco, alla mia stessa velocità. Mi osserva insistente e quasi non guarda la strada. Ha un'espressione che non saprei definire. Rallento per farmi sorpassare ma rallenta anche lui. E questo mo' che cazzo vuole? Accelero un po' per vedere cosa fa... accelera anche lui. Ce l'ho sempre lì, affiancato, che mi fissa senza guardare la strada. Non so cosa pensare, la situazione è strana, così accelero allungando di qualche metro. Si vede che l'ho colto alla sprovvista perché rimane indietro. Imposto l'entrata in una rotonda e nello specchietto vedo il suo fanale avvicinarsi, così in uscita scalo una marcia e apro il gas con decisione. Nello specchietto vedo solo la luce del suo abbagliante che ne riempie la visuale... ormai è gara! Apro tutto il gas e lo stacco di qualche metro.

Pringles finite. Mi sciacquo la bocca con l'ultimo sorso di latte e ripenso al tizio in Vespa incontrato mentre tornavo a casa. Dove si sarà infilato per sparire a quel modo? Credo che la mancanza di sonno sia dovuta alle tracce di adrenalina rimaste nelle mie vene dopo l’esaltante e folle corsa notturna.

La strada è tutta nostra. Mi abbasso di poco e chiudo i gomiti alla ricerca della migliore impostazione di guida. Altra rotonda, piego a destra, curvone a sinistra e di nuovo piega a destra per riprendere la strada. Ci muoviamo all’unisono viaggiando a trenino, praticamente alla medesima velocità. Non so lui ma io sono a chiodo, con il gas aperto a fondo corsa. C'è un lungo tratto rettilineo e ce l’ho sempre dietro, in scia, si fa sempre più vicino, poi il bastardo allarga a destra e mi sorpassa dall'interno. Bastardo proprio! Poco più avanti l'ennesima rotonda lo costringe a rallentare per impostare la traiettoria. Ti piace il gioco sporco? A parte noi due la strada è deserta e così alla rotonda, anziché girarci attorno sulla destra la prendo contromano da sinistra. Con questa mossa gli passo davanti e sono già lanciato quando lui ne sta ancora uscendo.

Non è che ho fame, è che non sono ancora soddisfatto. Passo nuovamente in rassegna il contenuto dei pensili per vedere se si materializza qualcos'altro. Nutella! Prendo un coltello e ne rigiro la lama nella crema, quando ne ho raccolta abbastanza la infilo in bocca e la ritiro tra le labbra strette, poi la guardo compiaciuto perfettamente ripulita. Apro sul tavolo il giornale di domenica, rimasto in giro nonostante manchi poco a veder spuntare l’alba di mercoledì. Nel silenzio di questa notte torrida il rumore delle pagine girate è un frastuono.

Mi appiattisco più che posso incurante del rischio, sono esaltato da questa corsa fuorilegge. Non so per lui ma per me la gara sta per finire. Poco più avanti svolterò a sinistra lasciando la provinciale: il mio traguardo lo stabilisco a quell’ultimo semaforo lampeggiante. Viaggio a cannone nel mezzo della strada con le ruote sulla linea bianca di mezzeria. Anche lui deve aver capito che siamo al rush finale e mi sta' dietro in scia, a pochi centimetri, ed apre a sinistra e a destra senza decidersi a superarmi. Abbasso la testa, non guardo neanche più la strada, deserta e diritta davanti a me. Sbircio lo specchietto e lo vedo provarci da sinistra. Non posso fare nient'altro che spalancare il gas con il timore di vederlo affiancarsi e così non mollo di un millimetro... sfreccio sotto al semaforo, ce l’ho fatta! Non mi ha passato!
Chiudo il gas e rallento decisamente per farlo avvicinare. Butto un occhio allo specchietto ma non lo vedo. Mi giro a guardare ma non c’è nessuno, la strada dietro di me è deserta e l’unico segno di vita è il semaforo del nostro traguardo, ormai lontano, che lampeggia imperterrito nella notte. Un istante fa sentivo chiaramente il rumore del suo due tempi che mi ruggiva dietro al coppino e adesso non c'è più nessuno. È sparito. Si sarà infilato da qualche parte, tra qualche casa. Peccato, dopo quella galoppata sarebbe stato bello almeno scambiarsi due parole. Con un'andatura decisamente più tranquilla percorro solitario gli ultimi chilometri fino a casa.

Sfoglio distrattamente le pagine del quotidiano, leggo i titoli, vedo se c'è qualche articolo che ancora non ho letto. "Oggi i funerali del giovane centauro di Tradate...". Mi sento una merda a pensare che poco fa ho messo a rischio inutilmente e stupidamente la mia vita proprio da quelle parti. L'articolo parla di un ragazzo di ventitré anni, investito da un furgone che lo ha ucciso mentre viaggiava, ironia della sorte, proprio in sella a una Vespa. C'è una foto della scena dell’incidente... e non riesco a leggere nient’altro. C'è una Vespa rovesciata sull'asfalto, ed accanto c'è un caschetto a scodella di colore scuro decorato con delle margherite chiare. In un riquadro la foto della vittima: una faccia sorridente e spensierata, capelli mossi, basette lunghe e pizzetto che danno a quel volto un'aria fricchettona.


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Nel 2015 questo racconto è stato pubblicato dal quotidiano La Provincia di Varese, accompagnato dalle belle illustrazioni realizzate da due studenti del Liceo Artistico cittadino.