domenica 24 ottobre 2021

Marvelous India Discovery Tour

 .
Viaggio in India
Aras Edizioni

Sono inciampato in Francesca Giommi e nel suo libro e in occasione di Parole Passi e Sogni - Festival dei Lettori in Viaggio, dove anch'io ero ospite con il mio Dove il Mondo Finisce. Ho avuto modo di assistere al suo intervento ed ho conosciuto una scrittrice davvero brillante nel raccontarsi al pubblico che è anche una viaggiatrice di grande cultura e sensibilità. Leggendo poi le sue pagine ho apprezzato il modo originale con cui narra su carta il suo viaggiare.

“Beatrice fu attratta improvvisamente dalla soave musichetta come di carillon che fuoriusciva da una porta socchiusa. Senza riflettere sul perché tutta la lunga coda di visitatori procedesse imperterrita, accalcata, diritta e ordinata, o forse proprio per questo, lei d'impulso deviò per infilarvisi, forsanche a cercar momentanea tregua da quell'ennesimo dottissimo bagno di folla...”

La narrativa di viaggio è un genere letterario ben definito dalle radici antiche. Si pensi ad esempio a Omero, che in tempi non sospetti narrò le tribolazioni on the road del giovane Telemaco vagabondo tra Sparta e Troia alla ricerca del padre, un vero bestseller! Così come le memorie appuntate da Marco Paulo de Confinio Sancti Iohannis Grisostomi, detto “il Milione” e noto ai più come Marco Polo, che ben prima delle Moleskine di Chatwin si dedicò alla scrupolosa redazione del diario di viaggio. Ad accomunare un po' tutti gli autori che hanno firmato i classici della narrativa di viaggio è la scomodità che ha caratterizzato il loro peregrinare. La cosa nel tempo ha portato a convincere i più che in assenza di disagio, fatica, sudore e sporcizia un viaggio non sia degno di essere considerato tale e quindi di essere narrato nelle pagine di un libro. È andata così consolidandosi la convinzione che il viaggiatore contemporaneo debba avere giocoforza le sembianze del backpacker che arranca tra una località e l'altra schiacciato dal peso dello zaino che porta sulle spalle, declassando alla sub-sub casta del turista chi invece si trova più a suo agio nel trascinare un trolley sulle sue rotelle, e magari osa pure concedersi (vergogna!) un certo grado di comfort per raggiungere la meta. A rimettere le cose al loro posto e dare dignità anche al turista curioso ci sono però viaggiatori altrettanto grandi che hanno saputo fare di necessità virtù, elevando a forma d'arte (letteraria) anche il resoconto del viaggiare turistico, a cominciare da quello con i bauli caricati in carrozza per il “grand tour” - celebrato da Goethe nel suo “Viaggio in Italia” - per arrivare ai giorni nostri con le Samsonite stivate su aerei, treni o automobili a noleggio per avventurarsi in vere e proprie esplorazioni geografiche e antropologiche, tipo quelle vissute da Bill Bryson e dallo stesso meravigliosamente raccontate in tanti libri di grande successo, nonostante il suo modus operandi di viaggiatore sia squisitamente turistico.

“... al centro della stanza in cui si ritrovò, campeggiava un sontuoso letto a baldacchino, su cui, avvolta da fluttuanti tendaggi, sedeva una ragazzina con fluenti capelli bruni raccolti in una morbida lunghissima treccia che le scendeva sulla spalla scoperta. Indossava un sari in tinta con i suoi occhi ametista ed era assorta ad accarezzare un elefantino d'argento che reggeva in grembo. Lo sguardo che si scambiarono fu fugace. (…) Senza proferir verbo, ormai certa di aver imboccato l'ala privata del palazzo, Bea indietreggiò sui suoi passi e con una strizzatina d'occhio le promise di non far parola con nessuno di quel loro incontro...”

E qui, dopo tutto questo preambolo che forse lascia il tempo che trova, arrivo a Francesca Giommi, che a mio avviso, nel suo piccolo, per quella che è la narrativa turistica compie un piccolo step in avanti, aggiungendo alla cronaca del viaggio un pizzico di fiction che va a condire e rendere più appetitosa la lettura di quello che, diversamente, sarebbe stato solo l'ennesimo libro che parla dell'India. Con questo pizzico di fiction Francesca Giommi fa un po' quello che fanno le brave mammine quando, per far ingollare gli spinaci al pargolo inappetente, gli stemperano l'omogeneizzato nella minestrina a tradimento.


Non tutti amano prendersi la briga di leggere dalla A alla Z una guida di viaggio prima di partire, ed ecco la Giommi proporre una guida nella forma più scorrevole di un romanzo. La trovo davvero una cosa molto smart, come usa dire di questi tempi. La figlia del Maharaja evolve così da cronaca di viaggio che racconta l'India attraverso descrizioni attente e strizza l'occhio alle sue molteplici sfumature (filosofiche, culturali,  religiose) in un romanzo leggero e godibile, dove comunque i riferimenti ai luoghi da visitare, ai mezzi di trasporto da utilizzare o agli hotel dove soggiornare sono puntuali, al punto che può benissimo essere preso quale guida per quanti hanno in mente di fare rotta verso l'India.

La trama si sviluppa con il racconto delle dinamiche che animano un gruppo di persone assortite dal caso in quanto partecipanti al “Marvelous India Discovery Tour”, un viaggio collettivo organizzato che porta il turista per mano alla scoperta delle meraviglie dell'India. La protagonista è Bea, voce narrante ma in terza persona, a cui l'autrice affida il compito di riportare i divertenti intrecci relazionali che si vengono a creare tra i partecipanti della comitiva, situazioni che Francesca Giommi ben conosce in quanto è lei stessa tour leader e guida turistica. Ma il ruolo affidato a Bea è soprattutto quello di raccontare l'India come l'autrice l'ha vista con i suoi occhi nelle molteplici esperienze di viaggio che l'hanno portata a cogliere i diversi aspetti di un Paese, di una popolazione e di una cultura tanto distante da quella occidentale. Si è portati a pensare che un viaggio organizzato lasci poco spazio di autonomia al turista, un mito che Francesca smonta ogni qual volta che lascia a Bea la facoltà di smarcarsi dal gruppo e la proietta a vivere situazioni che erroneamente si immagina possano esser di appannaggio esclusivo degli intrepidi e indipendenti backpaker di cui si diceva qualche riga sopra.

Perché leggere La Figlia del Maharaja? Perché anche nel viaggio più turistico c'è sempre qualcosa di narrativo, a patto che il viaggiatore – pardon, il turista – sia un bravo narratore, come in questo caso.

“Bea raggiunse il resto del gruppo nella sala dei ritratti, Raji era sul punto di raccontare di quel famoso Maharaja divenuto inconsolabile dopo la perdita della sua figlia prediletta, dispersa durante una gita a dorso d'elefante nelle tenute reali. Alle sue spalle un dagherrotipo ingiallito ritraeva una bimbetta vispa dai profondi occhi viola...”.
.