giovedì 28 luglio 2011

Io, Ilario e le 3 Americhe in Vespa.

.
Ilario Lavarra probabilmente oggi è il vespista più popolare del Web. In viaggio ormai da oltre un anno in sella sua Sprint Veloce del '70 è seguito nel suo cammino da migliaia di fans che grazie a Face Book e al suo blog ne invidiano le gesta. Una meravigliosa avventura di cui c'è traccia anche nella sezione “Viaggi” del forum di Vespaonline. Io e Ilario ci siamo incontrati la prima volta proprio in occasione di un raid in Vespa organizzato da Vespaonline anni fa. I suoi primi chilometri da Web-vespista Ilario infatti li ha percorsi su quel forum, come mi ha raccontato in questa intervista in cui mi ha aperto il suo cuore di vespista e la sua anima di viaggiatore.

Ilario, tu come me bazzichi su Vespaonline da parecchi anni, abbiamo frequentato la stagione d'oro degli aperitiVOL milanesi e nei tuoi trascorsi vespistici c'è anche la partecipazione a qualche Raid: quando e come hai cominciato le tue esperienze di viaggio in solitaria?
Ho scoperto Vespaonline nel 1999, appena dopo aver comprato la mia prima Vespa, una 50L del ’68. Diciamo che la mia frequentazione di Vespaonline ha combaciato con l’inizio del mio ‘vespismo attivo’. E quanti ricordi! La maturità, l’inizio dell’università, anni sicuramente densi della mia vita. E come scordarei miei primi aperitiVOL.: mi ricordo che tutti i santi martedi sera non mi potevo perdere l’incontro con gli altri VOListi milanesi davanti al fontanone del Castello Sforzesco... che bel gruppo che eravamo, quanti amici! Il massimo era quando correvamo con le Vespe nel fossato del castello! Le serate nebbiose di freddo e le notti afose di zanzare, lì sempre lì, davanti al fontanone... mi inizia a scorrere nelle vene la nostalgica malinconia di periodi passati, meglio non andare oltre!
Ma nonostante tutto, nonostante l'esprienza qualche miniraid di VOL Milano, di un Raid 'tosco emiliano’ e di uno ‘statico’ (oltre al ‘Giro di Svizzera’ del 2001), e due raduni con le mitiche Tigelle Meccaniche modenesi, ho sempre preferito il viaggio in solitaria. Fondamentalmente perché viaggi così lunghi o li fai con qualcuno con cui sei molto, ma molto affiatato (disposto ogni tanto a qualche compromesso) o è meglio evitare. Così dapprima ho iniziato a girovagare per l’Italia con la mia ragazza di allora: la classica vacanza estiva, le canoniche quattro settimane. Poi ampliando le traiettorie fuori dai confini nazionali non c'è stata più nemmeno la ragazza... diciamo che la Vespa è un’accentratrice di attenzioni!

Poi, ad un certo momento, hai cominciato a pensarti sempre più lontano: da dove nasce un'idea tanto ambiziosa quanto coraggiosa?
Anno dopo anno, estate dopo estate, chilometro dopo chilometro, libro di Giorgio dopo libro di Giorgio (Giorgio Bettinelli - ndr), stavo capendo nel profondo che qualcosa di grande lo si poteva realizzare anche con una piccola Vespa, che un sogno grande lo si poteva costruire anche su di una piccola Vespa. Il Sud America mi ha sempre affascinato, viaggiare anche, la Vespa poi non ne parliamo. Ho quindi semplicemente unito le cose.

Fare il giro delle 3 Americhe in Vespa non è una cosa semplice, chi ha provato a cimentarsi in viaggi più normali, attraverso l'Europa ad esempio, sa di cosa stiamo parlando: come hai preparato un viaggio come il tuo? Come ti sei ritagliato il tempo? Come hai messo da parte i soldi necessari?
Ci sono due tipi di preparazione. Una, più importante, è quella ‘mentale’: la ferma volontà di partire, le motivazioni da scolpirsi dentro. E, almeno secondo me, è qualcosa che va mantecato, qualcosa di cui convincersi giorno dopo giorno. Bisogna saper donare della credibilità al proprio progetto, prima di tutto renderlo non risibile ai nostri stessi occhi. E ci vuole tempo appunto. Non si creda che una cosa del genere la si possa decidere in un paio di giorni: non si avrebbe il tempo di gettare le fondamenta, crollerebbe tutto su sé stesso al piccolo primo scossone. Credo che solo il tempo e i chilometri portino a giusta maturazione un progetto del genere.
Poi c’è la ‘preparazione materiale’: il tempo, i soldi, l’organizzazione e la programmazione, l’equipaggiamento, la stessa Vespa. E premettendo che non c’è una formula matematica che porti dritti dritti al giorno della partenza, per quanto mi riguarda posso semplicemente dire che ho lavorato quattro anni, ho messo da parte quanti più soldi possibile (o, detto in altri termini, ho cercato di sperperare quanto meno denaro possibile), e nel tempo libero (durante i fine settimana o dopo le ore di lavoro) cercavo di portare avanti anche ‘lo sviluppo materiale del progetto’. Se le cose si vogliono davvero credo che il modo per farle lo si trovi. Sempre.

Ilario, la tua avventura è un'esperienza che in tanti invidiano, ma credo ci sia un rovescio di questa medaglia. La tua scelta ti ha obbligato a delle rinunce importanti, negli affetti, nelle certezze del quotidiano: sbaglio?
Sì, una mia piccola paura è proprio quella di non trasmettere a chi mi segue il rovescio della medaglia. Vedendo foto di bei posti, leggendo qualche racconto sul mio blog www.vespanda.com magari si rischia di credere che sia facile, che i bei posti quasi arrivino da soli e che le belle esperienze non lascino spazio a quelle meno belle. Però non è proprio così. Io cerco di essere sempre positivo perché la gente che mi segue vuole sognare, vuole distrarsi. Altrimenti basta che ascolti un telegiornale e la propria dose di negatività se la inietta tranquillamente senza troppa fatica. E intendiamoci, lungi da me voler essere il ‘Messia’ che infonde ‘serenità e positività’! eheheh… credo semplicemente che chi viaggia deve cercare di coinvolgere come meglio può chi sta a casa, cercando comunque di essere il più veritiero e oggettivo possibile! Però non è sempre così matematico. O si cerca di romanzare la propria avventura cercando di trasmettere un po’ di poesia di quello che si sta facendo, o si ricalca la cruda quotidianità di prosaici avvenimenti più o meno belli. Io preferisco la prima opzione. La seconda la lascio ai direttori di telegiornali, agli uffici con i capi rompiballe, allo stress che ti inizia a sporcare appena messa in moto la macchina per andare al lavoro e che finisce quando spegni il motore quando torni dall’ufficio.
E poi ovvio, il rovescio della medaglia non è solo quello che ometto di scrivere, come i chilometri a volte noiosi, fisicamente faticosi, il freddo e la pioggia, qualche episodio spiacevole, l’incertezza della notte, la pericolosità mortale della strada, i cancerogeni tempi morti, il potersi sentire da soli così lontano da tutto e tutti. Ci sono altri tipi di rinunce come non avere un partner che quando ti butti su un divano ti aiuti a liberarti delle scorie accumulate nella giornata, c’è la lontananza deglii amici e della famiglia.
Ma alla fine per me è sempre la classica storiella: bisogna mettere tutto sulla bilancia, e il piatto più influente, ‘più pesante’ vince. E per me, senza alcuna ombra di dubbio, la poesia di quello che sto vivendo giorno dopo giorno, ha più valenza, più peso di qualche aspetto negativo che naturalmente un viaggio del genere porta con sé. Anzi, senza il rovescio della medaglia non ci sarebbe nemmeno la medaglia stessa… senza gli aspetti negativi, quelli positivi non sarebbero nemmeno così positivi no?

E un bel giorno, a New York, ti sei trovato a dare il primo colpo di pedivella e ad ingranare la prima: cosa si prova nel mollare la frizione con davanti la prospettiva di un viaggio come il tuo? Cosa ti è passato nel cervello in quel momento?
Se penso a quell’istante iniziale quasi mi domando se sono ancora io… o se ero io quel ragazzo lì che ingranava la prima senza sapere ancora cosa ne sarebbe seguito, conseguito. Quanti chilometri, quante esperienze, quanto tempo. Mi ricordo solo una grandissima voglia di partire, una enorme, esplosiva necessità di macinare chilometri, di mangiarli, divorarli quei chilometri così a lungo aspettati, bramati, così paurosamente visti lontani per colpa della burocrazia americana, che nelle prime tre settimane di permanenza a New York City pareva impedirmi in tutti i modi di iniziare il mio sogno.

Oggi siamo a luglio del 2011 e sei in viaggio ormai da quattordici mesi con oltre 70.000 chilometri alle spalle: la tua motivazione è ancora forte come il primi tempi o qualcosa è cambiato?
La mia motivazione? È cambiata caro Lorenzo... tutto è cambiato! Io sono cambiato, e me ne accorgo anche ora che sono in corsa, anche ora che non sono ancora arrivato e non ho uno specchio su cui constatare i cambiamenti che si sono spalmati sulla mia pelle, che hanno alterato la struttura molecolare della mia carne. Tutto mi sarà più chiaro quando spegnerò per l’ultima volta la Vespa su questo continente. Ma già ora ti posso dire che quello che prima era aspettativa, ora è certezza. Quelli che prima erano i posti sognati, ora sono già ricordi realizzati. Quello che si prefigurava come un’esperienza di vita, ora è diventata la mia vita.
Tutto si è andato come solidificandosi, materializzandosi, e anche la mia motivazione è diventata più tangibile, più strutturata, più ragionata, più conosciuta. Prima era qualcosa di sognante, quasi onirico, quasi ideale e utopico. Ora è conferma.

In cosa consiste una tua giornata tipo quando non sei stanziale? Quanti chilometri fai e quante ore passi in sella?
Dipende. Dipende dalle condizioni stradali, e dal tipo di strada che mi aspetta. Innanzitutto non è come in Europa le cui varianti per andare da A a B sono solo il chilometraggio e al massimo qualche salita e qualche discesa. In Centro e Sud America vi è anche il fattore ‘manto stradale’. A volte è pessimo, a volte per la strada ci sono crateri enormi che se malauguratamente ti ci infili con le ruotine della Vespa, è fatta. A volte la strada è interrotta per inondazioni o per ponti crollati. A volte la strada è semplicemente sterrato.
Ma se ipotizziamo le condizioni ideali, ovvero buon asfalto, senza troppi passi di montagna (e in Sud America i passi di montagna sono quelli andini, roba da 5000 mt di altitudine!), poco vento e poca pioggia, si possono fare tranquillamente anche 500 km. Mentre in Canada o Alaska, con il fatto che le giornate sono più lunghe, si macinano anche 7-800 km quotidiani. Ore? Direi orario di ufficio con straordinari, ovvero dalle 8 alle 20.

Prima gli States, Canada e Alaska, poi Messico, Centro America e Sud America: un territorio immenso, ancora più vasto se attraversato sulla sella di una Vespa. Ilario, cosa provi pensando a tutta la strada già percorsa?
Troppi ricordi Lorenzo. Ogni singola tappa di questo viaggio porta con sé una carriolata di pensieri. Non ti posso rispondere. Ti posso semplicemente dire che guardandomi indietro, mi pare tutto così denso, forse piccolo. Ormai non lo vedo più così grosso questo continente. È la sua bellezza quello che mi rimane, non la ‘grossezza’.

Oggi quali sono le emozioni che stai provando? Sono quelle che ti aspettavi o ti trovi a fare i conti con un Ilario diverso?
Le emozioni che si possono provare in più di un anno di viaggio sono tutte quelle della gamma che ci è dato disporre a noi esseri umani, né più né meno. Forse solo un po’ più amplificate. Per me la solitudine è la cassa di risonanza delle proprie emozioni, nel bene e nel male.
Se me le aspettavo? Più che altro ci speravo.

Un viaggio come il tuo ti ha portato a incontrare una moltitudine di gente diversa: chi ti ha colpito di più? Raccontami tre personaggi, i più significativi, uno per ciascuna delle tre Americhe.
Uhhh! Domanda da un milione di dollari!!! Mi vuoi proprio cavare il sangue!! Come faccio a risponderti? Ho conosciuto migliaia di persone, ognuna con una storia, ognuna con qualcosa da insegnare, ognuna che ha fortificato la mia convinzione, ovvero che più di tutto quello che mi piace di un viaggio del genere sono le persone stesse che incontro per la strada. Con il beneficio di inventario, dimenticandomene senz’altro qualche quintale, ti posso dire:
Nord America: Italo Barazzuti. (motoviaggiatore solitario che ha girato il mondo in sella alla sua Honda Goldwing da lui battezzata “Thelma” fino a quando il suo girovagare si è interrotto per via di un gravissimo incidente stradale. ndr). Troppo intensa è stata l’esperienza che mi ha fatto vivere nella camera di ospedale in cui era ricoverato in coma farmacologico. Vederlo riprendere coscienza, è stato un po’ come rinascere insieme a lui. Non l’avevo mai conosciuto prima di allora personalmente, solo lo scambio di mail che ci può essere con un grande motociclista come lui. E vedermelo lì, sdraiato in coma su quel letto in quella terra lontana che è l’Alaska, io e lui e basta, io e lui entrambi viaggiatori su due ruote, bhè è stato qualcosa di forte. Immaginati vederlo risvegliare dal coma.
Centro America: Enrique Mujica, ragazzo conosciuto a Città del Messico, vespista. Con lui ho passato quasi 20 giorni in una città che ha poco da offrire. Ma si sa, quando si ha la compagnia giusta, tutto diventa più bello. La sua ospitalità, la sua generosità, il suo altruismo nei miei confronti… una grande persona, tanto che ora lo chiamo ‘primo’, cugino.
Sud America: Jorge Sierra, spagnolo 28enne che da tre anni e mezzo sta girando il mondo a bordo della sua 2CV dell’ 82. Ci siamo conosciuti per caso per strada, trovati amici per affiatamento e vicinanza di vedute. Mi ha insegnato molto nei più di 20 giorni in cui abbiamo viaggiato insieme per il Perù. Mi ha insegnato a vivere profondamente il posto in cui ci si trova. A non essere un semplice passante, ma ad assaporare il piacere della sedentarietà, anche se circoscritta, di un luogo. A divincolarmi dalla necessità di arrivare, e ad apprezzare la libertà che ne scaturisce prendendosi i tempi adeguati da dedicare nel posto in cui ci si trova. Mi ha insegnato a vivere più in stretto contatto con il posto che sto visitando. Tanto per capirci: lui è partito dalla Spagna con l’intenzione di fare un tour di un anno… ed è ancora in viaggio.

Una domanda te la lascio in bianco: cosa vorresti sentirti chiedere?
Effettivamente se ci penso nessuno mi ha mai chiesto con quale Vespa voglio fare il prossimo viaggio (nell’eventualità che ci sia un ‘prossimo viaggio’… spero e credo di sì).
Premetto subito che un viaggio, di quelli non impegnativi, magari alla vecchia maniera, ovvero un’estate e via in qualche parte d’Europa, lo vorrei vivere a bordo della mia Fiat 600 del ’64. È totalmente un’altra filosofia, lo so bene, ma mi piace troppo quella mezza macchinetta color verde.
La Vespa del prossimo viaggio? Sai che sono in difficoltà a risponderti? Da un lato vorrei rinchiudere in un ricordo stagno e definito la Corazzata, legarla biunivocalmente e indissolubilmente al continente americano. Cioè la vorrei lasciare riposare dopo questi 80-90.000 km, metterla lì da qualche parte dove guardandola posso giocare con i ricordi, e niente di più… usare cioè un’altra mia Vespa, magari la TS o la GT. È che arrischiarmi in un altro viaggio sempre con la Corazzata mi fa paura, mi fa paura la possibilità che qualcosa vada storto, che me la possano rubare, o altro. Non potrei sopportare una cosa del genere.
Ma d’altro canto, ripetere un’esperienza come quella che sto facendo sulla mia stessa piccola belva, be' sarebbe solo la continuazione di tanti, tanti chilometri e anni passati insieme sulle strade d’Europa e America. Chissà, vedremo!

Per concludere, cosa puoi dire a quanti oggi, come te qualche anno fa, frequentano il  forum Vespaonline e si entusiasmano partecipando ai raid?
Vivete bene la Vespa!! È un mezzo straordinario, sarebbe un peccato non sfruttare appieno quello che può dare. E vivetela come meglio potete, con i viaggi in solitaria o in gruppo, facendo anche solo 20 km o macinandone 200, rispondendo ad ogni post o leggendo solamente… ognuno con il proprio metro e con le proprie esperienze! Fino a diventare dei vespisti perfetti, fino a riuscire a succhiarne tutta l’essenza, fino a quando cioè per il semplice motivo di sedersi su questo mezzo si percepiranno tutte quelle emozioni che mischiate insieme dicono si chiamino ‘libertà. Solo i migliori riescono a raggiungerla non dovendo macinare migliaia di chilometri su continenti lontani… i migliori la vivono anche con una gita fuori porta, o addirittura mentre vanno al lavoro seduti sulla propria Vespa! Ecco, auguro a tutti di riuscire a compiere con la propria Vespa quel processo che lo porti a viverla nel migliore dei modi e con poco, pochissimo!
Un abbraccio a tutti!

Lorenzo Franchini ha intervistato Ilario Lavarra.
(è consentita la pubblicazione e la condivisione su altri siti Web citando la fonte https://dovemondofinisce.blogspot.com/)

Nel marzo del 2010, pochi mesi prima di prendere la via delle 3 Americhe, Ilario mi invitò a Modena per presentare il mio libro nella sede delle Tigelle Meccaniche lo scooter club che rappresenta lo zoccolo duro dei suoi fans.
.