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“C'è un giorno, nella storia del mondo, che è stato definito il giorno in cui non accadde niente. Quel giorno lo speaker della BBC – che all'epoca era soltanto una radio – introdusse il notiziario dicendo semplicemente: «Oggi non è successo niente»; dopodiché vennero trasmessi dei brani al pianoforte per i restanti quindici minuti di trasmissione. Era il 18 aprile 1930. Oggi è un altro 30 aprile, e per quel che mi riguarda sta succedendo di tutto.”
Fosse venuto in mente a me un incipit del genere avrei fantasticato di poterci scrivere dietro un bestseller. Invece tutto questo ben di Dio, banalmente, non sono altro che le prime righe di pagina 302 di “Un caso speciale per la ghostwriter”, ovvero l'inizio del 32esimo capitolo. Un dettaglio che a mio avviso rende molto bene l'idea di quanto si possa scrivere bene quando si sa scrivere bene per davvero (mi rileggo e noto che in questa frase ho ripetuto tre volte la parola “bene”: di strada ho ancora parecchio da farne, ne sono conscio. Li lascio tutti e tre, che mi serva di lezione).
Ho impiegato tre mesi buoni prima di sentirmi pronto alla lettura di questo che, a quanto pare, sarà l'ultimo romanzo della “pentalogia di Vani Sarca” (tranquilli, ogni volume è un romanzo a se, possono anche essere letti singolarmente, a leggerli nell'ordine però si entra meglio nelle storie).
Per quel poco che conosco l'autrice non credo l'abbia detto a vanvera, solo per gasarsi vedendo i suoi fans stracciarsi le vesti, tipo i Pooh, che 'sta mossa la provano da anni e all'inizio dell'ennesima ultima tournée puntualmente annunciano il ritiro dalle scene. Io credo che Alice Basso abbia tante di quelle storie in testa da rendere impossibile confinarle tutte nella stessa serie. Ho avuto la fortuna di conoscerla vincendo un contest letterario dove lei era il premio. Cioè, non lei in quanto lei, il premio è stato scrivere un racconto con lei a farmi da tutor, ad oggi l'esperienza narrativa più esaltante e stressante della mia “carriera”. Tornando al punto dicevo che “Un caso speciale...”, dopo averlo acquistato a pochi giorni dall'uscita proprio a Torino, il "luogo del delitto" - in quanto è proprio nel capoluogo piemontese che sono ambientate le vicende del romanzo - l'ho lasciato per tre mesi sul comodino, parcheggiato in cima alla fatidica pila. Da lì è poi finito in valigia insieme a infradito, costume e salvietta, quindi spiaggia e... pronti? ...via!
Devo farmi i complimenti, leggerlo in vacanza è stata un'ottima scelta. Un libro da cui ho faticato a staccarmi, e disporre di tutto il tempo che volevo dedicargli mi ha aiutato ad apprezzarlo. Le prime 65 pagine sono volate tutte d'un fiato, e le restanti 311 non hanno opposto resistenza, tutt'altro, a metà settimana, con gran dispiacere, Vani mi aveva già salutato.
Nel cimentarmi a scrivere queste righe post lettura confesso di provare un minimo di imbarazzo dovuto al mio essere uomo, nel senso di maschio. I romanzi di Alice Basso non li catalogherei proprio come letture femminili, forse si è portati a pensarlo per via delle copertine. Tutti e cinque i gialli di questa serie pubblicata da Garzanti infatti graficamente strizzano l'occhio alla platea delle lettrici femminili. Ma se i primi quattro erano caratterizzati per così dire da tinte fosche (che fanno tanto Gelnn Cooper & Dan Brown per intenderci), a dominare la copertina di quest'ultimo volume sono invece i toni pastello del verde acqua e del giallo banana (sfumature più irresistibili di quelle del grigio per tutte le Bridget Jones della lettura, colori che fanno più Sophie Kinsella che non Agatha Christie).
La trama: Vani è una ghostwriter dal talento straordinario, riesce a scrivere qualunque cosa le venga commissionata, dal romanzo più strampalato al saggio più accademico. Il risultato sono sempre volumi di grande successo, insospettabili, in quanto ha la dote innata di sintonizzarsi perfettamente con l'autore di turno preda della sindrome da pagina bianca, facendo proprio il loro linguaggio. A commissionarle le peggio cose è Enrico Fuschi, il suo capo, a cui tanto deve e che tanto di più le sta sulle palle, e che un giorno scompare senza lasciare traccia. Non spoilero nulla rivelando che alla fine verrà ritrovato, tutto da leggere invece il come e il perché. L'indagine domina la scena del racconto, ma rimane per così dire sottotraccia, e fa da canovaccio alle vicende dei vari personaggi: tutto il parentado della protagonista, i suoi colleghi, gli amici e i vicini di casa. Tutti personaggi a cui i fedeli lettori di Alice Basso non hanno potuto che affezionarsi in questi quattro anni (il primo volume della saga “L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome” è del 2015). Vado a memoria, ma credo di non sbagliare dicendo che l'arco temporale in cui si svolgono le vicende narrate nei 5 volumi dovrebbe essere di un anno, un anno e mezzo al massimo. Un anno e mezzo narrativo sufficiente ad affezionarsi a Vani, al suo genio, al suo sarcasmo, al suo rude fascino dark e alla sua fragilità. Sufficiente a prendersi a cuore Morgana, il suo miniclone adolescente, nonché vicina di casa. Sufficiente a invidiare il commissario Berganza - parlo per i maschietti - per essere riuscito a far breccia nel cuore di Vani. Sufficiente ad avere in simpatia tutti ma proprio tutti i personaggi minori, dagli imbranati sottoposti di Berganza agli imbarazzanti familiari di Vani.
Punto di forza di questo romanzo, così come dei quattro che l'hanno preceduto, è lo svolgersi delle vicende nell'ambiente editoriale, cosa che regala al lettore l'opportunità di una sbirciatina nei retroscena del magico mondo dei libri (Alice Basso oltre a scrivere alla grande lavora per diverse case editrici come redattrice, traduttrice e valutatrice di proposte editoriali). Va da se che la sua Vani viva per i libri e per la lettura, e pure Berganza, oltre che commissario, è un lettore colto e appassionato. Nelle pagine è una costante la presenza di infinite citazioni letterarie, di autori e di titoli noti e meno noti, del presente e del passato, che stimolano il lettore e lo incuriosiscono. Nel mio caso è riuscita ad avvicinarmi a dei classici che ho sempre avuto timore ad affrontare. Una scrittura scorrevole nonostante l'autrice a volte forse ecceda nella ricercatezza di alcuni termini o in qualche riferimento che, lo confesso, mi hanno costretto a googolare alla ricerca di lumi: bene così, imparare qualcosa di nuovo non fa mai male.
"Le storie, bisogna prepararsi a salutarle" scrive nelle prime pagine, e su questo trovo che Alice Basso abbia proprio ragione. Un po' meno a mio avviso quando subito dopo scrive “...la verità è che ogni storia, la più modesta come la più avventurosa, la più divertente come la più intensa, la più realistica come la più folle, è destinata a farsi poltiglia, e concime, e terra.”.
Le storie, quelle belle, restano per sempre. I tanti libri che lei stessa cita nelle sue pagine sono lì a testimoniarlo, le sue stesse pagine lo testimoniano con l'affetto e l'attenzione dei suoi tanti lettori.
E se quando avrete finito di leggere “Un caso speciale...” vi verrà la curiosità di andare a leggervi anche Pippi Calzelunghe, be', dovrete convenire con me che Alice Basso con pagine e parole ci sa davvero fare.
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