venerdì 7 settembre 2018

L'appuntamento.

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L'appuntamento

Alla Libreria del Corso il pomeriggio era stato tranquillo come tranquilla era trascorsa la mattinata, pochi affari e tante chiacchiere. La metà di novembre era sempre un po' così e Carlo Lorenzini, dopo tanti anni trascorsi dietro a quelle sue vetrine che affacciavano sul Corso, aveva imparato a non preoccuparsene. Con un misto di trepidazione e angoscia attendeva i giorni del delirio che di a poco si sarebbero scatenati sotto Natale. Nel frattempo cercava di godersi la bonaccia di queste giornate autunnali. In negozio entrava poca gente, quasi tutti clienti abituali, divoratori di pagine che acquistavano anche un paio di libri al mese e che almeno due o tre volte la settimana venivano a farsi un giro tra gli scaffali e chiacchieravano, chiacchieravano. Beatrice, la sua commessa, era una collaboratrice preziosa soprattutto in queste giornate. Sempre gentile e disponibile metteva tutta la sua competenza a disposizione dei clienti che ne erano affascinati. Anche Carlo ne era stato sedotto: Beatrice con la sua vitalità e il suo entusiasmo giovanile aveva portato in negozio un'aria nuova, e per Carlo era stato un po' come tirare indietro le lancette dell'orologio di parecchi anni. Beatrice era nel pieno di quella meravigliosa stagione di passaggio in cui ragazza e donna si fondono in una nuova irresistibile creatura. Una bellezza come la sua, da ragazza della porta accanto, avrebbe potuto ispirare le pagine più intriganti dei romanzi allineati sullo scaffale della letteratura rosa. Slanciata, alta quanto basta per farsi notare ma non tanto da mettere in soggezione, con i tratti del volto delicati che la facevano sembrare un poco più giovane della sua età. Un filo di trucco era più che sufficiente ad esaltarne gli occhi chiari, color del miele, della medesima tonalità del biondo dei suoi capelli e Carlo aveva sempre avuto un debole per le bionde. Colta e preparata Beatrice amava i libri e la lettura, a dimostrarlo una laurea in lettere conseguita con un anno di anticipo. Da studentessa era stata un'assidua frequentatrice della libreria e come aveva finito gli studi Carlo si era subito fatto avanti proponendole di dargli una mano in negozio: "dai... qualche ora al pomeriggio intanto che trovi qualcosa di meglio...". Un qualcosa di meglio che ancora tardava ad arrivare. Così a qualche ora al pomeriggio si erano poi aggiunte altre ore la mattina, e quando Carlo si era detto disponibile a regolarizzare la sua assunzione era stato davvero felice dell'entusiasmo con cui Beatrice aveva accettato la proposta. Si era accorto di provare qualcosa per quella ragazza che avrebbe potuto essere sua figlia.
Carlo diede uno sguardo all'orologio: non mancava molto all'orario di chiusura. Era un po' nervoso, un'agitazione che in fondo non gli dispiaceva. Aveva organizzato tutto quanto con scrupolo, sarebbe stata una serata romantica, come quelle di una volta, quelle dei suoi tempi. Alla sua età non avrebbe mai pensato di poter provare ancora la tensione di un giovanotto al primo appuntamento. Era da giorni che macchinava ed aveva architettato tutto in modo da non far insospettire sua moglie. Un ultimo sguardo all'orologio e dopo aver preso un bel respiro si rivolse a Beatrice:
«Bea, stasera ho bisogno che sia tu a chiudere, ho un impegno e devo scappar via un po' prima: è un problema?»
«No, no... nessun problema...». Beatrice si girò veloce verso lo scaffale ad allineare i primi libri che le capitarono a tiro, sentiva i suoi denti pizzicarle il labbro inferiore e sapendo di non esser brava a trattenere le smorfie non voleva che la mimica del volto la tradisse. "Maledizione!" pensò, "perché proprio stasera?". Per tutto il pomeriggio aveva atteso il momento giusto per chiedere al suo capo di poter uscire un po' prima e adesso era rimasta fregata, ma cos'altro avrebbe potuto rispondergli?
«Allora ciao Bea, io scappo! Buona serata
«Grazie... buona serata anche a lei», la risposta di Beatrice si confuse al rumore della porta che si chiudeva alle spalle di Carlo. "Calmati Bea, puoi farcela! Basta che fai tutto con calma e senza perdere tempo e puoi farcela!". Proprio quella sera Beatrice aveva un appuntamento: dopo il lavoro doveva incontrare una persona, un ragazzo che in verità ancora non conosceva. O meglio, lo conosceva nel senso che si messaggiavano da tempo ma senza essersi mai visti, nemmeno in foto. Come fosse finita a confidarsi via web con uno sconosciuto non le era ben chiaro, anzi, forse lo sapeva ma non era ancora pronta ad ammetterlo a se stessa. Con Sergio, il suo ragazzo, negli ultimi tempi era un po' come se le cose si trascinassero, stavano insieme da più di un anno me le sembrava che il loro rapporto andasse avanti per inerzia. Beatrice non provava più la stessa magia che in quella romantica notte di San Lorenzo le aveva fatto perdere la testa per Sergio. Quell'agosto non era andata in vacanza, era rimasta in città: a giugno aveva passato due meravigliose settimane a New York, il regalo di laurea dei suoi genitori. Non se l'era sentita quindi di chieder loro altri soldi per raggiungere gli amici in riviera e di andare con i suoi nella casa dei nonni sul lago non ne aveva voglia. Così la sera di quel fatidico 10 di agosto, da sola in città e senza amici, era andata al parco pubblico, incuriosita da un incontro per osservare le stelle cadenti organizzato dal gruppo astronomico cittadino. Il ritrovo era in una piccola radura riparata da alberi secolari dove, per quanto vicine, le luci della città non arrivavano, un luogo ideale per l'osservazione. C'era più gente di quanta Beatrice se ne aspettasse. Forse per la soggezione dovuta all'oscurità, senza che in realtà ce ne fosse alcun motivo tutti quanti parlavano tra loro sottovoce e complici la penombra e quel brusio l'atmosfera era davvero suggestiva. Era una bellissima serata estiva, con gli alberi a mitigare la canicola di quei giorni. Alle sue spalle un oooh! uscito di bocca ad un paio di persone aveva segnalato il primo avvistamento. A portarla nel parco più che le credenze legate a quella fatidica notte era stata la curiosità di imparare qualcosa, ma in quel periodo sentiva anche di essere single da troppo tempo per non avere desideri da esprimere. Beatrice scrutava il cielo girando lo sguardo tutto attorno, ma senza fortuna. Ad un certo punto sentì alle sue spalle una voce che le sussurrava dove guardare: "...devi individuare il punto radiale che sta tra le costellazioni di Cassiopea e di Perseo: è da che provengono le stelle cadenti...". La sua attenzione venne rapita da quella voce calda e profonda. "...le Perseidi in realtà non sono stelle ma meteoriti, frammenti di roccia che cadono sulla Terra attratti dalla forza di gravità alla velocità di 59 chilometri al secondo, pari a 210 mila chilometri all'ora...". La dotta spiegazione non fu sufficiente ad impedire il naufragio delle sue migliori intenzioni per un approccio didattico alla serata. Quando una poderosa scia luminosa solcò il cielo Beatrice con l'entusiasmo di una bimba felice si era girata verso quella voce affascinante per condividere il suo stupore e si era trovata tra le braccia di colui che ancora non sapeva si chiamasse Sergio. Fu l'inizio del suo personalissimo sogno di una notte di mezza estate: Beatrice si lasciò guidare dai sentimenti e la prima luce dell'alba li sorprese come in un film, mano nella mano a passeggiare a piedi nudi nel parco. Ad un anno, tre mesi e due giorni da quella notte romantica cos'era rimasto di tutta quella magia? A parlare con Sergio del loro futuro spesso finivano per alzare i toni: Beatrice pensava che sarebbe stato ragionevole cominciare una convivenza ma lui non ne voleva sentir parlare. Sergio, laureato in astrofisica, continuava a partecipare a concorsi su concorsi che non lo portavano a nulla di concreto e Beatrice non capiva se la sua titubanza fosse dovuta alla precarietà della sua posizione o se ci fosse dell'altro. Dubbi e confusione le affollavano la mente: quanto era importante Sergio per lei? E lei per Sergio? Quale sarebbe stato il futuro del loro rapporto? In preda all'incertezza si era ritrovata a fare una cosa che mai avrebbe immaginato: confidarsi via web con uno sconosciuto. Beatrice frequentava una sorta di gruppo di lettura online, un vivace blog dove si commentavano le proprie letture nell'anonimato garantito da fantasiosi nickname. In una discussione sull'ultimo libro di Elena Ferrante ad attrarre la sua attenzione era stato un utente che si firmava "Mr Darcy". Per Beatrice, che per nickname si era scelta "Lizzy Bennet" - dalla protagonista di "Orgoglio e pregiudizio", trovare qualcuno che per se aveva adottato quello dell'eroe maschile dello stesso romanzo era sembrata più di una simpatica coincidenza. Ben presto avevano finito per messaggiare tra loro di libri e non solo, spesso con punti di vista assai diversi. Mr Darcy, proprio come il personaggio del romanzo di Jane Austen, l'aveva affascinata per la sua complessità: a volte era glaciale, quasi rude nelle risposte, ma subito dopo sapeva sorprenderla con il pensiero più tenero e intimo. Capitava che si lasciassero prendere da una discussione dando vita a vivaci schermaglie digitali che poco avevano da invidiare agli indimenticabili battibecchi tra i due protagonisti del romanzo. Se con Sergio ormai aveva timore di parlare di qualunque cosa che non fossero le banalità quotidiane, dialogare di tutto con Mr Darcy la faceva stare bene. Conversando online avevano scoperto di essere quasi concittadini e così Beatrice, spinta dalla necessità di capire e di chiarire a se stessa quali fossero i suoi sentimenti, dopo una comprensibile reticenza aveva finito per accettare l'invito ad incontrarsi di Mr Darcy e l'appuntamento era proprio per quella sera, dopo il lavoro.
Per sua fortuna non c'era stato il fatidico cliente dell'ultimo minuto ed era riuscita a fare la chiusura a tempo di record. Una volta abbassata la saracinesca con passo svelto si incamminò sotto i portici alla volta della piazza.

Era una fissa di Carlo quella di arrivare agli appuntamenti con largo anticipo. Gli piaceva stare in attesa a una certa distanza dal luogo convenuto, quanto bastava per non essere visto ma non troppo, per poter osservare. C'era parecchio via vai a quell'ora, la movida stava per scatenarsi e la cosa lo avrebbe aiutato a non farsi notare, nessuno avrebbe fatto caso a un signore di una certa età che se ne stava in disparte, mimetizzato in un anonimo loden blu. Carlo scrutava tutta quella gioventù con tanta invidia ed altrettanta perplessità.

Più si avvicinava alla piazza più in Beatrice cresceva l'ansia: "ma cosa sto facendo? E se fosse un malintenzionato? Stando dietro a una tastiera uno può farti credere quello che vuole, ma chi sarà davvero questo Mr Darcy?".

Carlo osservava un ragazzo che reggendo una flûte di prosecco faceva da sostegno ad una delle colonne dei portici e sembrava sforzarsi nell'esibire un'ingiustificata euforia. Quanti gli stavano intorno non sembravano particolarmente coinvolti, i più avevano la testa china, il volto illuminato dal display del telefonino. Nulla che non vedesse ogni giorno anche fuori dalle sue vetrine, un mondo a cui anagraficamente non apparteneva più da un pezzo e pur sforzandosi non riusciva a comprendere. Ad interrompere i suoi pensieri ecco arrivare colei che stava aspettando: quella chioma bionda che ben conosceva avendola davanti agli occhi tutti i giorni per lui era inconfondibile.

Beatrice rallentò il passo, non era convinta che incontrare uno sconosciuto fosse la cosa giusta da fare ma chissà, magari lasciarsi condurre dagli eventi le avrebbe portato bene come quella notte nel parco. Arrivata alla fine dei portici Beatrice si fermò, il locale dove aveva appuntamento era giusto dall'altra parte della piazza, aveva qualche minuto di ritardo e di sicuro il tipo la stava già aspettando.

Era proprio bella la sua ragazza! Carlo la osservava indugiare nell'attesa: quanti le sfilavano accanto le sorridevano, la sua era una presenza che non passava inosservata e la cosa lo compiaceva. La vide sistemarsi i capelli spostando una ciocca dietro all'orecchio, un gesto che faceva sempre quando cominciava ad innervosirsi e nel farlo scoprì il collo e parte della nuca, una promessa di intimità che lo convinse a rompere gli indugi. Si avvicinò con cautela e le arrivò alle spalle:
«Buonasera signorina!, stava aspettando qualcuno?». Con un gran sorriso le porse una rosa rossa che fino a quel momento aveva tenuto nascosta dietro la schiena. Per un istante che parve interminabile la guardò negli occhi, poi con un gesto delicato le sistemò i capelli dietro l'orecchio avvicinando il suo viso, ma nel timore di rompere l'incantesimo di quel momento si trattenne dal baciarla. Fu lei ad alzarsi sulle punte dei piedi e a cercare le sue labbra: in quel momento Carlo ebbe la certezza che avrebbe voluto vivere con lei altri cent'anni. Indifferenti a quanti stavano loro intorno si abbracciarono e poi tornarono a baciarsi. Si guardarono negli occhi con complicità e dopo un attimo entrambi scoppiarono a ridere e felici si incamminarono sotto i portici, mano nella mano come due fidanzatini. Fu lei la prima a dire qualcosa:
«Ma quella non è Bea, la tua commessa?»
«Ma si che è proprio lei!» rispose Carlo «per fare in tempo a fare un salto dal fiorista stasera l'ho abbandonata lasciandola sola a chiudere il negozio», le rispose andando verso Beatrice.
«Ciao Bea, scusami se ti ho abbandonata in negozio ma avevo appuntamento con questa bella signora!»
«Buonasera Carlo, buonasera signora Lorenzini... ma no, nessun problema, si figuri» rispose Beatrice, che mai si sarebbe aspettata di incontrare il suo capo.
«Sono passata per vedere se c'era qualche amico in giro», una spiegazione non richiesta dovuta all'imbarazzo di trovarsi in quel posto, come se Carlo e sua moglie potessero sapere il vero motivo per cui si trovava lì.
«Noi invece ce ne andiamo a cena, una cosa romantica!» disse Carlo ammiccando alla rosa tenuta in mano da sua moglie, che sorrise compiaciuta:
«Oggi sono esattamente trent'anni che sopporto quest'uomo!»
«Trent'anni? Accipicchia! Tanti auguri allora!»

Carlo si allontanò tenendo sottobraccio sua moglie. Senza indugiare oltre Beatrice tornò sui suoi passi allontanandosi dalla piazza in tutta fretta, l'ultima cosa che voleva era farsi trovare da Mr Darcy o come cavolo si chiamava veramente. Non poteva credere di essere stata ad un passo da incontrarsi con un perfetto sconosciuto. Si volse nella direzione verso cui il suo capo e la moglie si erano allontanati e li cercò con lo sguardo. Nella calca del sabato sera faticò ad individuarli ma poi eccoli!, sembravano due ragazzini da tanto era palese il loro amore. Il telefono prese a vibrarle in tasca segnalando l'arrivo di un messaggio. Beatrice guardò il display con la paura di vederci scritto Mr Darcy ma non era lui a cercarla. Era Sergio. Beatrice sorrise e alzò lo sguardo verso il cielo. La luce dei lampioni impediva di vedere le stelle ma Sergio le aveva spiegato che nonostante si riesca ad osservarle al meglio nelle limpide notti d'estate le Perseidi in realtà cadono verso la Terra ininterrottamente, senza soluzione di continuità. Presto ogni cosa sarebbe andata al posto giusto.

***

A Varese la Libreria del Corso non c'è più, o meglio, c'è ancora ma non è più dov'era prima e non si chiama più così. Oggi si chiama libreria UBIK, e come tutte le librerie resta un luogo magico dalle mille suggestioni anche perché nello specifico dietro al banco e tra gli scaffali a darle un'anima ci sono sempre le stesse persone. Certo, la vecchia denominazione aveva tutto un altro appeal, il nuovo nome sembra quello di un comodino dell'Ikea e anche il candido arredamento odierno ricorda un po' l'austero stile di un negozio svedese. Sarà che nel vecchio negozio a dominare erano toni più caldi che davano all'ambiente un certo charme, o forse chissà, c'era davvero un pizzico di magia in più, no so spiegarlo. Fatto sta che in un pomeriggio d'autunno di un paio di anni fa mentre ero spettatore alla presentazione di un libro mi venne l'idea per questo racconto, che nello scorso mese di agosto ha avuto l'onore di trovare spazio su La Prealpina che gli ha dedicato una pagina tutta intera.



"L'appuntamento" è un racconto breve a cui tengo molto in quanto ispirato da Varese, la mia città, dalle sue strade e dalle persone che incontro. Una storia ambientata in una fredda sera di novembre dove però si rivive la magia della notte di San Lorenzo. E poi ci sono i libri: c'è Jane Austen con il suo Orgoglio e Pregiudizio, nomino Elena Ferrante e faccio un piccolo omaggio a Neil Simon. Ci ho messo addirittura una citazione shakesperiana e per chi coglie l'indizio c'è anche qualcosa di Pinocchio... pagine famose a fare da contorno a questo mio piccolo thriller di provincia che è anche una storia d'amore, anzi due.