giovedì 23 marzo 2023

Sorry, we're closed (for ever!)

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È sempre una brutta notizia sapere che una casa editrice alza bandiera bianca e abbassa per sempre la saracinesca. La notizia poi è davvero pessima se l'editore in questione è quello di un tuo libro.

Sono triste. Triste per le persone che ci lavoravano, delle quali ho conosciuto e toccato con mano la passione che mettevano nel fare quello che non è un lavoro come gli altri. Sono triste poi perché negli anni si era costituito un catalogo di tutto rispetto e fa male sapere che il futuro di tutti questi bei libri sarà l'oblio, o peggio ancora il macero.

Oltre che triste però sono pure incazzato, molto incazzato!, perché tra questi libri c'è anche “Dove il Mondo Finisce”, la mia creatura di carta e d'inchiostro  che con due edizioni e una ristampa (e un premio!) mi ha dato molto più di quanto mai avrei potuto immaginare e fatico a rassegnarmi all'idea del suo incolpevole declino, della sua scomparsa dai radar dei tanti librai che  vorrebbero proporlo ai lettori insieme al mio nuovo libro che ha rinnovato l'attenzione verso ciò che ho scritto.

Arrendersi non è un disonore, ammettere la sconfitta può anche essere un gesto nobile quando ci si rende conto di non avere le capacità per competere in un mondo dove “piccolo e indipendente” è un pesante fardello da portarsi dietro. Meno nobile e decisamente fastidioso se una volta presa la decisione hai l'egoismo di fottertene di cosa la tua libera scelta significa per quanti ti hanno affidato le loro “creature”.

Fare l'editore non è un business come un altro, non è nemmeno un lavoro o un mestiere che si impara, è una passione che richiede sacrificio attenzione e rispetto. Fare l'editore non è, non può e non deve essere un passatempo, per nessuno.