Un libro di una banalità sconcertante, che non aggiunge nulla di quanto Corona non abbia già scritto (e in maniera decisamente più riuscita!) tra le righe di altri suoi romanzi precedenti.
La mia maestra delle elementari diceva che di ogni libro, anche di quelli che non ci piacciono, vanno lette almeno cento pagine o un terzo del totale. Con mia sorpresa già a pagina trenta la tentazione di mollare il colpo è stata parecchia, ma ho tenuto botta. Ero sicuro che Corona a un certo punto avrebbe svoltato e che la storia avrebbe preso il volo. Arrivato a quota cento, visto che ormai ero ben oltre la metà, sono andato fino in fondo. Lo sforzo mi è servito per convincermi di quella che, ci tengo a precisare, è una personalissima conclusione, ovvero che l’ultima frase del romanzo esprima da sola il concetto che questo libro ripete dall’inizio alla fine:
“L’uomo sarà l’unico essere vivente ad autoestinguersi per imbecillità. Amen.”.
Un conto è leggere un romanzo e arrivare da soli, grazie all’aiuto dell’autore, a determinate conclusioni. Ben diverso - e molto meno divertente a mio avviso - trovarsi a rileggere lo stesso concetto ripetuto ossessivamente per 160 pagine. E questa volta lo stile montagnino ma suggestivo della scrittura di Corona (utilizzato in maniera magistrale nel suo romanzo “L’ombra del bastone”), mentre di solito è di grande aiuto per sentirsi parte delle sue storie in questo libro diventa un’ulteriore nota stonata. Non c’è un protagonista, non ci sono personaggi ma, soprattutto, non c’è una storia. Strabiliante, ma in senso negativo, l’ultima parte del “primo quaderno”, alla fine del capitolo 7, con la descrizione del palazzo della Mondadori in versione “mondo storto”.
Dopo tante belle pagine lette nei suoi libri precedenti la mia impressione è che Corona sia inciampato nell’esigenza imposta di pubblicare per forza qualcosa tutti gli anni. Così fosse la Mondadori dovrebbe dimostrare maggior rispetto per i suoi lettori e per i suoi autori... un momento... forse adesso capisco perché Corona le abbia fatto fare la fine che si è immaginato.
Amen.
L’incipit.
Una mattina d’inverno, le disgrazie d’altronde capitano spesso d’inverno, il mondo si sveglia e scopre che non ci sono più petrolio, né gas né carbone né corrente elettrica.
Mondadori
di Mauro Corona sono invece da leggere assolutamente: