lunedì 17 maggio 2021

DI QUESTI TEMPI

 .
DI QUESTI TEMPI

Barbara Cassioli
Alpine Studio

“C'è un momento, è un preciso attimo tra quando stacchi i piedi dal trampolino e quando la forza di gravità prende il sopravvento, quel frammento in cui sei a metà nelle cose, in cui la Vita ti chiede di avere fiducia...”

Se dovessi definire il mio stato d'animo nell'approcciare la lettura di questo libro direi scettico, ma non sarei sincero. Ero più che scettico. Cosa poteva aver mai a che fare con me questo libro? Io, che quando al TG passa la notizia dell'ennesimo sbarco di migranti magari cambio canale... cosa ci facevo con in mano un libro che in copertina ha la foto di una backpacker che fa l'autostop nascosta dietro al classico cartello di cartone sul quale è scritto LAMPEDUSA?!?

dalla sinossi editoriale: "Barbara Cassioli (...) decide di partire da sola: da Bologna a Lampedusa, l’isola più meridionale d’Italia. La viscerale paura di rimanere senza soldi le dà il giusto spunto per affrontare il viaggio senza un euro in tasca, e tutto ciò che risparmia si traduce in una donazione per Mediterranea Saving Humans, l’associazione che si occupa di monitoraggio e salvataggio di naufraghi nel bacino del Mediterraneo..."

Ad incuriosirmi fin da subito più che il libro è stata la sua autrice. L'ho “incontrata” poco prima dell'uscita del libro. Incontrata l'ho scritto tra virgolette perché l'incontro fu virtuale, io e Barbara siamo pubblicati dal medesimo editore, Alpine Studio - il mio Dove il Mondo Finisce e il suo Di Questi Tempi sono due titoli della collana Orizzonti. Nel novembre scorso eravamo presenti entrambi a una riunione online tra autori ed editore per capire come meglio organizzare la promozione si nostri libri in considerazione delle limitazioni imposte dal lockdown. I volti o i nomi presenti nella schermata di GoogleMeet più o meno li conoscevo tutti, tranne questa Barbara, che se ne stava lì in un angolino del mio monitor. La webcam la ritraeva in quella che pareva essere una mansarda, seduta, forse su un letto, nella posizione del loto. Alla fine di quella riunione se avessi dovuto scegliere un solo aggettivo per descriverla avrei usato selvatica, ovviamente non in senso dispregiativo, e per l'idea che mi sono fatto di lei credo non lo troverebbe offensivo, tutt'altro. Fatto sta che qualche settimana dopo facendo un po' di shopping tra i titoli di Alpine decisi di prendere anche il suo libro. Con il volume tra le mani è bastata qualche pagina e il mio iniziale scetticismo si è ben presto tramutato in sorpresa, perché leggendo ho scoperto che in qualche modo nel libro di Barbara c'ero anch'io. Ero quello che non si è fermato per darle un passaggio perché temeva di essere scambiato per uno che vuole provarci, ma ero anche quello che un passaggio glielo ha dato per poi chiederle se “di questi tempi” non avesse paura, se non temesse i rischi di ciò che stava facendo e cosa pensavano i suoi genitori di questo suo modo di viaggiare.


Sarà che ormai, nonostante il mio impegno per illudermi del contrario, non sono più un ragazzino, ma non ho potuto fare a meno di trovarmi a fare una sorta di esame di coscienza: sono a tre passi dai sessanta e lavoro da più di quaranta, possibile che io sia stato davvero tanto stupido? Non posso negare che negli anni ci siano stati momenti in cui un po' mi sia pesato essermi trovato a vivere la vita che ho vissuto fino ad oggi. Chiunque neghi di aver passato momenti del genere è un bugiardo. So che avrei dovuto studiare di più, avrei voluto e mi sarebbe piaciuto viaggiare di più, ma alla fin della fiera sento che il mio personale bilancio, nonostante i momenti bui sopra citati, è mooolto più che positivo. Mi sono però chiesto se la mia non fosse solo una forma di serena inconsapevole rassegnazione al ruolo che mi era stato assegnato (vai a sapere poi da chi...). Avrei forse dovuto avere anch'io un po' di sano egoismo e vivere la mia vita in modo diverso, anteponendo me stesso, i miei sogni, i miei desideri, la mia voglia di libertà, la mia voglia di vedere il mondo... a quella che è stata la mia ordinaria quotidianità?
Da ragazzo ho studiato quanto mi è bastato per imparare un mestiere e poi ho iniziato subito a lavorare, giovanissimo, e dopo un tot. di anni ho avviato una mia impresa, ho fatto delle cose, ho prodotto degli oggetti, ho dato lavoro ad altra gente, ma soprattutto insieme a mia moglie abbiamo messo su una gran bella famiglia. Per farla breve: se alla fine della mia autoanalisi ero giunto alla conclusione di non avere nulla da rimproverarmi non ero lo stesso del tutto sereno, giunto alla fine del libro ad infastidirmi c'era l'aver maturato consapevolezza di quanto fosse ipocrita e superficiale quel mio “cambiare canale” guardando il TG.


Il fatto è che l'informazione mainstream ti dice tutto, ma non ti spiega niente, e per andare al nocciolo di determinati argomenti devi metterci del tuo, ti devi impegnare. O magari trovarti a leggere un libro come Di Questi Tempi. A titolo di esempio: non mi ero mai chiesto quale fosse il “peso” del mio passaporto, io l'ho sempre guardato come si guarda una qualsiasi cosa scontata e il famoso TG mica ti racconta quanto conti il “peso” di un passaporto. Il mio passaporto c'è, esiste, ce l'ho ed è normale che sia così. È normale che ce l'abbiano tutti gli italiani e che questo documento consenta di andare senza visto in 171 Paesi dei 193 che sono riconosciuti come tali dall'ONU. Un eritreo invece potrebbe scegliere dove andare da uno striminzito bouquet di solo 38 Paesi, che si riducono a 32 per un somalo (VEDI QUI ). Ho scritto potrebbe, al condizionale, perché in Somalia, come in Eritrea, ottenere il passaporto per la maggior parte della popolazione è pura fantascienza e senza passaporto, senza un visto, per andare altrove l'unica via è affrontare una lunga marcia che può durare anni, a piedi, su camion e col barcone.

...a Villa di Piteccio a un certo punto del suo viaggio Barbara si sente chiedere: “...chissà poi perché non prendono l'aereo invece del barcone!?” 

Il comodo volo charter è un'opzione plausibile solo per noi che andiamo in Africa per turismo, non per l'africano che punta a nord per una questione di sopravvivenza.

Questo firmato da Barbara Cassioli non è tra i libri più belli che abbia mai letto, se per bello si intende divertente, è bellissimo invece per il messaggio che porta con sé. C'è la sua storia, di ragazza prima e di donna poi, e chi si racconta con questa schiettezza è da stimare a prescindere. Provo una sincera ammirazione per Barbara e per il suo autodeterminarsi, per il suo anteporre se stessa, la sua realizzazione di donna e di individuo e di conseguenza il suo equilibrio e la sua felicità ad ogni cosa. Così come ammiro e sono riconoscente verso quanti fanno un'altra scelta di vita (meno libera? più ordinaria?) e riescono a convivere bene con il fatto di essere un tassello del puzzle senza il quale non si potrebbe completare quel disegno sul quale si regge la nostra economia e la nostra società.

È bello che ci sia chi ci fa aprire gli occhi su quanto ci circonda, su quello che siamo e su quello che potremmo essere, ma è bello che ci sia anche chi riesce a trovare un equilibrio tra le sue aspirazioni e l'essere un “ingranaggio” del sistema. Ed è bellissimo leggere un libro che ti porta a Lampedusa in autostop e scoprire un'Italia generosa e operosa, ricca di realtà coraggiose e un po' folli delle quali non si parla abbastanza.

Brava Barbara!



C'È UN'ITALIA BELLISSIMA

Nell'estate del 2019, dopo la fine del viaggio, l'incontro con la giornalista videomaker fiorentina Costanza Castiglioni fa nascere la scintilla di un nuovo progetto. Si sviluppa così l'idea di ripartire e ripercorrere alcune delle tappe più significative del cammino di Barbara con l'obbiettivo di raccontarle in un docufilm, dal titolo C'è un'Italia bellissima, visionabile in maniera gratuita su YouTube.