mercoledì 19 luglio 2017

Le rose di Salvo

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Il messo doveva averlo sentito arrivare quando era ancora in via Tabacchi tale era il rombo del motore della sua Vespa lanciata a folle velocità. Salvo sfrecciò davanti a Villa Bianchi incurante di quell'uomo in divisa che si era improvvisato vigile e si sbracciava cercando di imporre prudenza. Salvo lo ignorò e senza rallentare una volta giunto davanti alla chiesa sterzò bruscamente e andò ad infilarsi di slancio su per la via Comi ed arrampicarsi su per la salita, col motore che urlava amplificato dai muri di quella strettoia che portava alle ultime case del paese. Arrivato in cima alla via senza nemmeno scendere dalla Vespa cominciò a gridare:
«Mattina! Mattinaaa!!!»
«Ma chi è? Cosa vuole?» rispose la Teresa dal poggiolo al primo piano.
«Sugnu Salvo, u maritu 'i Concetta... unni è Mattina?»
Salvatore Faraci era arrivato in Valceresio dalla Sicilia poco dopo la fine della guerra, quando la Sicilia, come il resto d'Italia, ancora si leccava le ferite lasciate dal conflitto. Aveva sposato Concetta che era poco più di una bambina, dopo la classica fuitina mal digerita dalle rispettive famiglie. Per il quieto vivere i novelli sposi avevano così deciso di salire al nord in cerca di tranquillità e di lavoro.
«Mattina! Mattinaaa!!!»
«Vusa no! La Martina non c'è! É scesa dal dottor Fontana a prender delle cose... »
Martina con la sua chioma di ricci sempre fulvi a dispetto dell'età era conosciuta e rispettata da tutti in paese. Energica e instancabile aveva cresciuto tre figli di cui due già sistemati, ma in un certo senso erano un po' figli suoi tutti i bambini nati nei dintorni negli ultimi vent'anni, tutti bimbi accompagnati alla vita dalle sue mani esperte di levatrice.
«Miii! ...dal dottore Fontana andò?»
«Si, è andata in farmacia e...»
Teresa non aveva ancora finito di parlare che Salvo spalancò il gas e per fiondarsi giù da dove era arrivato alla volta della farmacia. Conosceva bene il dottor Fontana perché si occupava del suo giardino, così come di tanti altri giardini delle belle ville del paese. Salvo era un bravo giardiniere, mestiere che in famiglia si tramandavano da generazioni, ed infatti non aveva faticato a trovare un'occupazione. I primi tempi aveva lavorato sotto padrone nelle serre del Castello di Frascarolo per poi mettersi per conto suo. Ben presto il passaparola aveva vinto la diffidenza verso "il terùn" che sapeva dare nuova vita anche ai rosai più trascurati. Le signore facevano a gara per contendersi i suoi servigi, in particolare alla fine di maggio, quando proprio le rose erano protagoniste di una festa che dava lustro al paese in tutta la valle.
Salvo arrivò alla farmacia proprio nel momento in cui Martina era sull'uscio.
«Mattina, menomale ca ti truvai! Presto, monta! Concettina mia ruppi le acque!»
«Salvo! Ma come, di già? Mancano ancora diversi giorni...»
«Monta ti dissi! Presto, presto!»
In effetti non c'era tempo da perdere: per Concetta, nonostante la giovane età, questa sarebbe stata la quarta volta che metteva al mondo una creatura. Era arrivata in Valceresio con in grembo Gigliola, la primogenita. Margherita arrivò inattesa poco più di un anno dopo: Concetta imparò a sue spese a non fidarsi di chi le assicurava che era impossibile restare gravide durante l'allattamento. Papà Salvo era felice, le bimbe avevano portato una ventata di gioia in famiglia e il lavoro per mantenere tutti non gli mancava. Lo angustiava però non essere ancora riuscito a regalare a suo padre, nonno Rosario, un nipotino maschio che avrebbe portato il suo nome e tramandato il cognome dei Faraci. Salvo era certo che la nascita di un bel maschietto avrebbe definitivamente cancellato il  rancore della famiglia per la sua fuitina. Fu così che Concetta si trovò presto di nuovo in dolce attesa. Il destino però seppe essere tanto generoso quanto beffardo. Al posto dell'agognato erede maschio in un colpo solo arrivarono Gemma e Flora. La preoccupazione per queste due nuove bocche da sfamare lasciò ben presto spazio alla gioia per questi due germogli sbocciati in famiglia. Restavano purtroppo insoddisfatte le aspettative ereditarie di nonno Rosario e Concetta non volle più nemmeno discutere la questione. Salvo però quando ci si metteva sapeva essere convincente. Il suo cuore gli diceva che la prossima volta, questa volta!, sarebbe stata quella buona.
«Mattina! Monta in sella!»
«Ma ti te se' mat! Figurati se salgo con te su quell'affare!»
Il dottor Fontana, ben conscio dell'urgenza, senza indugiare prese in mano la situazione:
«Signora Martina, venga, la porto io con l'automobile... lei Salvo faccia strada che la seguo!»
L'improvvisato corteo, la Vespa in testa seguita dalla Topolino del dottor Fontana, si mise in strada di gran carriera. Sfilarono veloci sotto il naso del messo che prese di nuovo a sbracciarsi, ignorato come fosse trasparente.
Salvo e Concetta abitavano in due stanze col gabinetto in corte in un casolare ai margini del bosco, lungo la strada che porta a Montallegro. Martina entrò in casa ma Salvo e il dottore rimasero fuori: quelle erano cose di donne. Nemmeno il tempo di una sigaretta ed ecco squillare, limpido e cristallino, un vagito. Salvo non stava nella più pelle! Di slancio abbracciò il dottor Fontana, visibilmente imbarazzato da tanta confidenza. Martina li invitò ad entrare. Concetta era distesa nel letto, sudata in fronte ed ancora scossa dalla fatica. Guardò il suo Salvo e con dolcezza, con un filo di voce, disse al suo uomo:
«Nonnu Rosario fusse cuntentu si a picciridda a chiamammu Rosa? A mia Rosaria ummi piaci... Salvo mio, ora basta però! »

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AVVERTENZA! Qualsiasi somiglianza tra l'immagine che accompagna il racconto e le copertine dei libri pubblicati da una nota casa editrice palermitana è puramente casuale (credici!).

La cosa che mi piace di più dei premi letterali è vincerli, quella che mi piace meno è vedere quelle pagine scritte con tanta passione sparire troppo in fretta, inghiottite dai meandri del Web. Questo mio racconto breve - per l'occasione rivisto e corretto per la pubblicazione su Facebook - con titolo "La rosa di Salvo" nel 2013 vinse il concorso indetto per celebrare i 100 anni della Festa della Rosa del mio paese, Induno Olona.