L'appuntamento
Alla
Libreria
del
Corso
il
pomeriggio
era
stato tranquillo
come
tranquilla
era
trascorsa la
mattinata,
pochi
affari
e
tante
chiacchiere.
La
metà
di
novembre
era
sempre
un
po'
così
e
Carlo Lorenzini,
dopo
tanti
anni
trascorsi
dietro
a
quelle
sue
vetrine
che
affacciavano
sul
Corso,
aveva
imparato
a
non
preoccuparsene.
Con
un
misto
di
trepidazione
e
angoscia
attendeva
i
giorni
del
delirio
che
di
lì
a
poco
si
sarebbero
scatenati
sotto
Natale.
Nel
frattempo
cercava
di
godersi
la
bonaccia
di
queste
giornate
autunnali.
In
negozio
entrava
poca
gente,
quasi
tutti
clienti
abituali,
divoratori
di
pagine
che
acquistavano
anche
un
paio
di
libri
al
mese
e che almeno due o tre volte la settimana venivano a
farsi
un
giro
tra
gli
scaffali
e
chiacchieravano,
chiacchieravano.
Beatrice,
la
sua
commessa,
era
una
collaboratrice
preziosa
soprattutto
in
queste giornate.
Sempre
gentile
e
disponibile
metteva
tutta
la
sua
competenza
a
disposizione
dei
clienti
che
ne
erano
affascinati.
Anche
Carlo
ne
era
stato
sedotto:
Beatrice
con
la
sua
vitalità
e
il
suo
entusiasmo giovanile aveva portato in negozio
un'aria nuova, e per Carlo era stato un po' come
tirare indietro
le
lancette
dell'orologio
di
parecchi
anni.
Beatrice
era
nel
pieno
di
quella
meravigliosa
stagione
di
passaggio
in
cui
ragazza
e
donna
si
fondono
in una nuova irresistibile creatura.
Una bellezza come la sua, da ragazza della porta accanto, avrebbe
potuto ispirare le pagine più intriganti dei romanzi
allineati
sullo
scaffale
della
letteratura
rosa.
Slanciata,
alta
quanto
basta
per
farsi
notare
ma
non
tanto
da
mettere
in
soggezione,
con
i
tratti
del
volto
delicati
che
la
facevano
sembrare
un poco più
giovane
della
sua
età.
Un
filo
di
trucco
era
più
che
sufficiente
ad
esaltarne
gli occhi
chiari,
color
del
miele,
della
medesima
tonalità del biondo
dei
suoi
capelli
e
Carlo
aveva
sempre
avuto
un
debole
per
le
bionde.
Colta
e
preparata
Beatrice
amava
i
libri
e
la
lettura,
a
dimostrarlo
una laurea
in
lettere
conseguita
con
un
anno
di
anticipo.
Da studentessa era stata un'assidua
frequentatrice
della
libreria
e
come
aveva
finito
gli
studi
Carlo si era subito fatto avanti proponendole di
dargli
una
mano
in
negozio:
"dai...
qualche
ora
al
pomeriggio
intanto
che
trovi
qualcosa
di
meglio...".
Un qualcosa
di
meglio
che
ancora
tardava ad arrivare.
Così
a
qualche
ora
al
pomeriggio
si
erano
poi aggiunte
altre
ore
la
mattina,
e
quando Carlo si era detto disponibile a regolarizzare la sua
assunzione era
stato
davvero felice
dell'entusiasmo
con
cui
Beatrice
aveva
accettato
la
proposta.
Si
era
accorto
di
provare
qualcosa
per
quella
ragazza
che
avrebbe
potuto
essere
sua
figlia.
Carlo
diede uno sguardo all'orologio: non mancava molto all'orario di
chiusura. Era un po' nervoso, un'agitazione che in fondo non gli
dispiaceva. Aveva organizzato tutto quanto con scrupolo, sarebbe
stata una serata romantica, come quelle di una volta, quelle dei suoi
tempi. Alla sua età non avrebbe mai pensato di poter provare ancora
la tensione di un giovanotto al primo appuntamento. Era da giorni che
macchinava ed aveva architettato tutto in modo da non far
insospettire sua moglie. Un ultimo sguardo all'orologio e dopo aver
preso un bel respiro si rivolse a Beatrice:
«Bea,
stasera
ho
bisogno
che
sia
tu
a
chiudere,
ho
un
impegno
e
devo
scappar
via
un
po'
prima:
è
un
problema?»
«No,
no...
nessun
problema...».
Beatrice
si girò veloce verso lo scaffale ad allineare i primi libri che le
capitarono a tiro, sentiva i
suoi
denti
pizzicarle
il
labbro
inferiore
e
sapendo
di
non
esser
brava
a
trattenere
le
smorfie
non
voleva
che
la
mimica
del
volto
la
tradisse.
"Maledizione!"
pensò,
"perché
proprio
stasera?".
Per
tutto
il
pomeriggio
aveva
atteso
il
momento
giusto
per
chiedere
al
suo
capo
di
poter
uscire
un
po'
prima
e
adesso
era
rimasta
fregata,
ma
cos'altro
avrebbe
potuto
rispondergli?
«Allora
ciao
Bea,
io
scappo!
Buona
serata!»
«Grazie...
buona
serata
anche
a
lei»,
la
risposta
di
Beatrice
si
confuse
al
rumore
della
porta
che
si
chiudeva
alle
spalle
di
Carlo.
"Calmati
Bea,
puoi
farcela!
Basta
che fai tutto
con
calma e
senza
perdere
tempo
e
puoi
farcela!".
Proprio
quella
sera
Beatrice
aveva
un
appuntamento:
dopo
il
lavoro
doveva
incontrare
una
persona,
un
ragazzo
che
in
verità
ancora
non
conosceva.
O
meglio,
lo
conosceva
nel
senso
che
si
messaggiavano
da
tempo
ma
senza
essersi
mai
visti,
nemmeno
in
foto.
Come
fosse
finita
a
confidarsi
via
web
con
uno
sconosciuto
non
le
era
ben
chiaro,
anzi,
forse
lo
sapeva
ma
non
era
ancora
pronta
ad
ammetterlo
a
se
stessa.
Con
Sergio,
il
suo
ragazzo,
negli
ultimi
tempi
era
un
po'
come
se
le
cose
si
trascinassero,
stavano insieme da
più
di
un anno
me le sembrava che il loro rapporto andasse avanti per
inerzia.
Beatrice
non
provava
più
la
stessa magia
che
in
quella
romantica notte
di
San
Lorenzo
le
aveva
fatto
perdere
la
testa
per
Sergio.
Quell'agosto
non era andata in vacanza, era
rimasta
in
città:
a
giugno
aveva
passato
due
meravigliose
settimane
a
New
York,
il
regalo
di
laurea
dei
suoi
genitori.
Non
se
l'era
sentita
quindi
di
chieder
loro
altri
soldi
per
raggiungere
gli
amici
in
riviera
e
di
andare
con
i
suoi
nella
casa
dei
nonni
sul
lago
non
ne
aveva
voglia.
Così
la
sera
di
quel
fatidico
10 di
agosto,
da
sola
in
città
e
senza
amici,
era
andata
al
parco
pubblico,
incuriosita
da
un
incontro
per
osservare
le
stelle
cadenti
organizzato
dal
gruppo
astronomico
cittadino.
Il
ritrovo
era
in
una
piccola
radura
riparata
da
alberi
secolari
dove,
per
quanto
vicine,
le
luci
della
città
non
arrivavano,
un
luogo
ideale
per
l'osservazione.
C'era
più
gente
di
quanta
Beatrice
se
ne
aspettasse.
Forse
per
la
soggezione
dovuta
all'oscurità,
senza
che
in
realtà
ce
ne
fosse
alcun
motivo
tutti
quanti
parlavano
tra
loro
sottovoce
e
complici
la
penombra
e
quel
brusio
l'atmosfera
era
davvero
suggestiva.
Era
una
bellissima
serata
estiva,
con
gli
alberi
a mitigare
la
canicola
di
quei
giorni.
Alle
sue
spalle
un
oooh!
uscito
di
bocca
ad
un
paio
di
persone
aveva
segnalato
il
primo
avvistamento.
A
portarla
nel
parco
più
che
le
credenze
legate
a
quella
fatidica
notte
era
stata
la
curiosità
di
imparare
qualcosa,
ma in
quel
periodo
sentiva
anche
di
essere
single
da
troppo
tempo
per
non
avere
desideri
da
esprimere.
Beatrice
scrutava
il
cielo
girando
lo
sguardo
tutto
attorno,
ma
senza
fortuna.
Ad un certo punto sentì alle
sue
spalle
una voce che le sussurrava
dove
guardare:
"...devi
individuare
il
punto
radiale
che
sta
tra
le
costellazioni
di
Cassiopea
e
di
Perseo:
è
da
lì
che
provengono
le
stelle
cadenti...".
La
sua
attenzione
venne rapita
da
quella
voce
calda
e
profonda.
"...le
Perseidi
in realtà non
sono
stelle
ma
meteoriti,
frammenti
di
roccia
che
cadono
sulla
Terra
attratti
dalla
forza
di
gravità
alla
velocità
di
59
chilometri
al
secondo,
pari
a
210
mila
chilometri
all'ora...".
La dotta spiegazione non fu sufficiente ad impedire il naufragio
delle sue migliori intenzioni per un approccio didattico alla serata.
Quando una
poderosa
scia
luminosa
solcò
il
cielo
Beatrice
con
l'entusiasmo
di
una
bimba
felice
si
era
girata
verso
quella
voce
affascinante
per
condividere
il
suo
stupore
e
si
era
trovata
tra
le
braccia
di
colui
che
ancora
non
sapeva
si
chiamasse
Sergio.
Fu
l'inizio
del
suo
personalissimo sogno
di una
notte
di
mezza
estate:
Beatrice
si lasciò
guidare
dai sentimenti e la
prima
luce
dell'alba
li
sorprese
come in un film, mano nella mano a passeggiare a
piedi
nudi
nel
parco.
Ad
un anno,
tre
mesi
e
due
giorni
da
quella
notte
romantica
cos'era
rimasto
di
tutta
quella
magia?
A parlare
con
Sergio
del
loro
futuro
spesso
finivano
per
alzare
i
toni:
Beatrice
pensava
che
sarebbe
stato
ragionevole cominciare
una
convivenza
ma
lui
non
ne
voleva
sentir
parlare.
Sergio,
laureato in
astrofisica,
continuava a partecipare
a
concorsi
su
concorsi
che
non
lo
portavano
a
nulla
di
concreto
e
Beatrice
non
capiva
se
la
sua
titubanza
fosse
dovuta
alla
precarietà
della
sua
posizione
o
se
ci
fosse
dell'altro.
Dubbi
e
confusione
le
affollavano
la
mente:
quanto
era
importante
Sergio
per
lei?
E
lei
per
Sergio?
Quale
sarebbe
stato
il
futuro
del
loro
rapporto?
In
preda
all'incertezza
si
era
ritrovata
a
fare
una
cosa
che
mai
avrebbe
immaginato:
confidarsi
via
web
con
uno
sconosciuto.
Beatrice
frequentava
una
sorta
di
gruppo
di
lettura
online,
un
vivace
blog
dove
si commentavano
le
proprie
letture
nell'anonimato
garantito
da
fantasiosi
nickname.
In
una
discussione
sull'ultimo
libro
di
Elena
Ferrante
ad
attrarre la
sua
attenzione
era
stato
un
utente
che
si
firmava
"Mr
Darcy".
Per Beatrice,
che
per
nickname
si
era
scelta
"Lizzy
Bennet"
-
dalla
protagonista
di
"Orgoglio
e
pregiudizio",
trovare
qualcuno
che
per se aveva
adottato
quello
dell'eroe
maschile
dello
stesso
romanzo
era
sembrata
più di una
simpatica
coincidenza.
Ben
presto
avevano
finito
per
messaggiare
tra loro di
libri
e
non
solo,
spesso
con
punti
di
vista
assai
diversi.
Mr
Darcy,
proprio
come
il
personaggio
del
romanzo
di
Jane
Austen,
l'aveva
affascinata
per la
sua
complessità:
a
volte
era
glaciale,
quasi
rude
nelle
risposte,
ma subito
dopo
sapeva
sorprenderla
con
il
pensiero
più
tenero
e
intimo.
Capitava
che
si
lasciassero
prendere
da
una
discussione
dando
vita
a
vivaci schermaglie digitali che
poco
avevano
da
invidiare
agli
indimenticabili
battibecchi tra
i
due
protagonisti
del
romanzo.
Se
con
Sergio
ormai
aveva
timore
di
parlare
di
qualunque
cosa
che
non
fossero
le
banalità
quotidiane,
dialogare
di
tutto
con
Mr
Darcy
la
faceva
stare
bene.
Conversando
online
avevano
scoperto
di
essere
quasi
concittadini
e
così
Beatrice,
spinta
dalla
necessità
di
capire
e
di
chiarire
a
se
stessa
quali
fossero
i
suoi
sentimenti,
dopo
una
comprensibile
reticenza
aveva
finito
per
accettare
l'invito ad incontrarsi
di
Mr
Darcy
e
l'appuntamento
era
proprio
per
quella
sera,
dopo
il
lavoro.
Per
sua fortuna
non
c'era
stato
il
fatidico
cliente
dell'ultimo
minuto
ed
era
riuscita
a
fare
la
chiusura
a
tempo
di
record.
Una
volta
abbassata
la
saracinesca
con
passo
svelto
si
incamminò sotto
i
portici
alla
volta
della
piazza.
Era
una
fissa
di
Carlo
quella
di
arrivare
agli appuntamenti con largo anticipo.
Gli piaceva stare in
attesa
a
una
certa
distanza
dal
luogo
convenuto,
quanto
bastava
per
non
essere
visto
ma
non
troppo,
per
poter
osservare.
C'era
parecchio
via
vai
a
quell'ora,
la
movida
stava
per
scatenarsi
e
la
cosa
lo
avrebbe
aiutato
a
non
farsi
notare,
nessuno
avrebbe
fatto
caso
a
un
signore
di
una
certa
età
che
se
ne
stava
in
disparte,
mimetizzato
in un
anonimo
loden
blu.
Carlo
scrutava
tutta
quella
gioventù
con
tanta invidia
ed
altrettanta
perplessità.
Più
si
avvicinava
alla
piazza
più
in
Beatrice
cresceva
l'ansia:
"ma
cosa
sto
facendo?
E
se
fosse
un
malintenzionato?
Stando
dietro
a
una
tastiera
uno
può
farti
credere
quello
che
vuole,
ma
chi
sarà
davvero
questo
Mr
Darcy?".
Carlo
osservava un
ragazzo
che
reggendo una
flûte
di
prosecco
faceva
da
sostegno
ad
una
delle
colonne
dei
portici
e sembrava
sforzarsi
nell'esibire
un'ingiustificata
euforia.
Quanti
gli
stavano
intorno
non
sembravano
particolarmente
coinvolti,
i
più
avevano
la
testa
china,
il
volto
illuminato
dal
display
del
telefonino.
Nulla
che
non
vedesse
ogni
giorno
anche
fuori
dalle
sue
vetrine,
un
mondo
a
cui
anagraficamente
non
apparteneva
più
da
un
pezzo
e pur sforzandosi non riusciva a comprendere. Ad
interrompere
i
suoi pensieri
ecco
arrivare
colei
che
stava
aspettando:
quella
chioma
bionda
che
ben
conosceva
avendola
davanti
agli
occhi
tutti
i
giorni
per lui era inconfondibile.
Beatrice
rallentò
il
passo,
non
era
convinta
che
incontrare
uno
sconosciuto
fosse
la
cosa
giusta
da
fare
ma
chissà,
magari
lasciarsi
condurre dagli
eventi
le
avrebbe
portato
bene
come
quella
notte
nel
parco.
Arrivata
alla
fine
dei
portici
Beatrice
si
fermò,
il
locale
dove
aveva
appuntamento
era
giusto
dall'altra
parte
della
piazza,
aveva
qualche
minuto
di
ritardo
e
di
sicuro
il
tipo
la
stava
già
aspettando.
Era
proprio
bella
la
sua
ragazza!
Carlo
la
osservava
indugiare
nell'attesa:
quanti
le
sfilavano accanto
le
sorridevano,
la
sua
era
una
presenza
che
non
passava
inosservata
e
la
cosa
lo
compiaceva.
La
vide
sistemarsi
i
capelli
spostando
una
ciocca
dietro
all'orecchio,
un
gesto
che
faceva
sempre
quando
cominciava
ad
innervosirsi
e
nel
farlo
scoprì
il
collo
e
parte
della
nuca,
una
promessa
di
intimità
che
lo
convinse
a
rompere
gli
indugi.
Si
avvicinò
con
cautela
e
le
arrivò
alle
spalle:
«Buonasera
signorina!,
stava
aspettando
qualcuno?».
Con
un
gran
sorriso
le
porse
una
rosa
rossa
che
fino
a
quel
momento
aveva
tenuto
nascosta
dietro
la
schiena.
Per
un
istante
che
parve
interminabile
la
guardò
negli
occhi,
poi
con
un
gesto
delicato
le
sistemò
i
capelli
dietro
l'orecchio
avvicinando
il
suo
viso,
ma
nel
timore
di
rompere
l'incantesimo
di
quel
momento
si
trattenne
dal
baciarla.
Fu
lei
ad
alzarsi
sulle
punte
dei
piedi
e
a
cercare
le
sue
labbra:
in
quel
momento
Carlo
ebbe
la
certezza
che
avrebbe
voluto
vivere
con
lei
altri
cent'anni.
Indifferenti
a
quanti
stavano
loro
intorno
si
abbracciarono
e
poi
tornarono
a
baciarsi.
Si
guardarono
negli
occhi
con
complicità
e
dopo
un
attimo
entrambi
scoppiarono
a
ridere
e
felici
si
incamminarono
sotto
i
portici,
mano
nella
mano
come
due
fidanzatini.
Fu
lei
la
prima
a
dire
qualcosa:
«Ma
quella
non
è
Bea,
la
tua
commessa?»
«Ma
si
che
è
proprio
lei!»
rispose
Carlo
«per
fare
in
tempo
a
fare
un
salto
dal
fiorista
stasera
l'ho
abbandonata
lasciandola
sola
a
chiudere
il
negozio»,
le
rispose
andando
verso
Beatrice.
«Ciao
Bea,
scusami
se
ti
ho
abbandonata
in
negozio
ma
avevo
appuntamento
con
questa
bella
signora!»
«Buonasera
Carlo,
buonasera
signora
Lorenzini...
ma
no,
nessun
problema,
si
figuri»
rispose
Beatrice,
che
mai
si
sarebbe
aspettata
di
incontrare
il
suo
capo.
«Sono
passata
per
vedere
se
c'era
qualche
amico
in
giro»,
una
spiegazione
non
richiesta
dovuta
all'imbarazzo
di
trovarsi
in
quel
posto,
come
se
Carlo
e
sua
moglie
potessero
sapere
il
vero
motivo
per
cui
si
trovava
lì.
«Noi
invece
ce
ne
andiamo
a
cena,
una
cosa
romantica!»
disse
Carlo
ammiccando
alla
rosa
tenuta
in
mano
da
sua
moglie,
che
sorrise
compiaciuta:
«Oggi
sono
esattamente
trent'anni
che
sopporto
quest'uomo!»
«Trent'anni?
Accipicchia!
Tanti
auguri
allora!»
Carlo
si
allontanò
tenendo
sottobraccio
sua
moglie.
Senza
indugiare
oltre
Beatrice
tornò
sui
suoi
passi
allontanandosi
dalla
piazza
in
tutta
fretta,
l'ultima
cosa
che
voleva
era
farsi trovare da Mr
Darcy
o
come
cavolo
si
chiamava
veramente.
Non poteva credere di essere stata ad un passo da incontrarsi con un
perfetto sconosciuto. Si volse nella direzione verso cui il suo capo
e la moglie si erano allontanati e li cercò con lo sguardo. Nella
calca del sabato sera faticò ad individuarli ma poi eccoli!,
sembravano due ragazzini da tanto era palese il loro amore. Il
telefono prese a vibrarle in tasca segnalando l'arrivo di un
messaggio. Beatrice guardò il display con la paura di vederci
scritto Mr Darcy ma non era lui a cercarla. Era Sergio. Beatrice
sorrise e alzò lo sguardo verso il cielo. La luce dei lampioni
impediva di vedere le stelle ma Sergio le aveva spiegato che
nonostante si riesca ad osservarle al meglio nelle limpide notti
d'estate le Perseidi in realtà cadono verso la Terra
ininterrottamente, senza soluzione di continuità. Presto ogni cosa
sarebbe andata al posto giusto.
***
A Varese la Libreria del Corso non c'è più, o meglio, c'è ancora ma non è più dov'era prima e non si chiama più così. Oggi si chiama libreria UBIK, e come tutte le librerie resta un luogo magico dalle mille suggestioni anche perché nello specifico dietro al banco e tra gli scaffali a darle un'anima ci sono sempre le stesse persone. Certo, la vecchia denominazione aveva tutto un altro appeal, il nuovo nome sembra quello di un comodino dell'Ikea e anche il candido arredamento odierno ricorda un po' l'austero stile di un negozio svedese. Sarà che nel vecchio negozio a dominare erano toni più caldi che davano all'ambiente un certo charme, o forse chissà, c'era davvero un pizzico di magia in più, no so spiegarlo. Fatto sta che in un pomeriggio d'autunno di un paio di anni fa mentre ero spettatore alla presentazione di un libro mi venne l'idea per questo racconto, che nello scorso mese di agosto ha avuto l'onore di trovare spazio su La Prealpina che gli ha dedicato una pagina tutta intera.
"L'appuntamento" è un racconto breve a cui tengo molto in quanto ispirato da Varese, la mia città, dalle sue strade e dalle persone che incontro. Una storia ambientata in una fredda sera di novembre dove però si rivive la magia della notte di San Lorenzo. E poi ci sono i libri: c'è Jane Austen con il suo Orgoglio e Pregiudizio, nomino Elena Ferrante e faccio un piccolo omaggio a Neil Simon. Ci ho messo addirittura una citazione shakesperiana e per chi coglie l'indizio c'è anche qualcosa di Pinocchio... pagine famose a fare da contorno a questo mio piccolo thriller di provincia che è anche una storia d'amore, anzi due.
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