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San Giuliano Terme (Pisa) batte Crema. Che poi Crema sia stata la città natale di Giorgio Bettinelli, il quale, nonostante abbia percorso ben oltre il giro del mondo in sella alle sue Vespa, forse da San Giuliano Terme (PI) non c'è mai nemmeno passato poco conta. O conta molto, chissà?
Fatto stà che poco più di sei mesi dopo la sua scomparsa consegnai personalmente circa 1.500 firme raccolte da una petizione online nelle mani di una gentile Assessore del Comune di Crema, la quale, molto gentilmente, mi disse più o meno: "Bene, bravo, grazie... ma fino a 10 anni dalla scomparsa non se ne parla".
La sua città natale pare gli abbia dedicato una stanza della civica biblioteca, cosa che a un uomo di penna come Bettinelli sarebbe senz'altro piaciuta.
Evidentemente però altre considerazioni, più di pancia che burocratiche, hanno mosso gli Amministratori di San Giuliano Terme (PI): oggi è la prima località di cui io sia a conoscenza ad avergli dedicato una strada, "Via Giorgio Bettinelli". Era proprio la pancia a muovere Bettinelli, la burocrazia spesso aveva provato a fermarlo. Inutilmente, come questa volta.
martedì 8 novembre 2011
venerdì 4 novembre 2011
Cuori che battono a 2tempi.
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Un gruppo spontaneo di nostalgici dal cuore che batte a 2tempi, legati al nostro passato da scooter che hanno fatto la storia del nostro Paese e che non ci stanno ad esser messi fuori Legge per decreto.
I nostri scooter inquinano, è vero, poco rispetto a un SUV ma inquinano. Ma inquinano tanto quanto molti altri scooter come i nostri, vecchi come i nostri, con lo stesso motore e la stessa marmitta. Solo che il nostro scooter (che sia Vespa o Lambretta poco cambia) è "il nostro scooter", come piace a noi, pieno di gibolli e di adesivi raccattati in giro per le strade di tutto il mondo, o pitturato di un colore che non è più quello originale.
Per questo motivo vogliono impedirci di circolare liberamente.
La Regione Lombardia deroga dal divieto alla circolazione in vigore dal 15 ottobre 2011 soltanto i 2tempi che possono fregiarsi di una costosa certificazione di originalità storica, come se dipendesse dal colore di una Vespa la qualità dei fumi di scarico che escono dalla marmitta... noi non ci stiamo!
È il nostro cuore che batte a 2tempi!
I "cuori a 2tempi" battono su Facebook.
Un gruppo spontaneo di nostalgici dal cuore che batte a 2tempi, legati al nostro passato da scooter che hanno fatto la storia del nostro Paese e che non ci stanno ad esser messi fuori Legge per decreto.
I nostri scooter inquinano, è vero, poco rispetto a un SUV ma inquinano. Ma inquinano tanto quanto molti altri scooter come i nostri, vecchi come i nostri, con lo stesso motore e la stessa marmitta. Solo che il nostro scooter (che sia Vespa o Lambretta poco cambia) è "il nostro scooter", come piace a noi, pieno di gibolli e di adesivi raccattati in giro per le strade di tutto il mondo, o pitturato di un colore che non è più quello originale.
Per questo motivo vogliono impedirci di circolare liberamente.
La Regione Lombardia deroga dal divieto alla circolazione in vigore dal 15 ottobre 2011 soltanto i 2tempi che possono fregiarsi di una costosa certificazione di originalità storica, come se dipendesse dal colore di una Vespa la qualità dei fumi di scarico che escono dalla marmitta... noi non ci stiamo!
È il nostro cuore che batte a 2tempi!
I "cuori a 2tempi" battono su Facebook.
sabato 15 ottobre 2011
Incipit & Calvino
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Scopro da Google che ricorre oggi l'88° anniversario dalla nascita di Italo Calvino. Di tante belle pagina quella che mi è rimasta maggiormente impressa è la prima di "Se una notte d'inverno un viaggiatore". Considero questo incipit un vero capolavoro.
"Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo piú forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.
Prendi la posizione piú comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull'amaca, se hai un'amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giú, in posizione yoga. Col libro capovolto, si capisce...."
Scopro da Google che ricorre oggi l'88° anniversario dalla nascita di Italo Calvino. Di tante belle pagina quella che mi è rimasta maggiormente impressa è la prima di "Se una notte d'inverno un viaggiatore". Considero questo incipit un vero capolavoro.
"Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo piú forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.
Prendi la posizione piú comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull'amaca, se hai un'amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giú, in posizione yoga. Col libro capovolto, si capisce...."
venerdì 7 ottobre 2011
Compleanno letterario
Il giorno 3 ottobre ricorreva il 2° compleanno della mia opera prima. Lo scorso anno celebrai questa data con una vignetta. Quest'anno l'amarezza per la piega che sta prendendo la mia avventura (sventura?) editoriale è tale che vorrei tanto non averci fatto caso.
venerdì 16 settembre 2011
Giorgio Bettinelli, in loving memory (16 sett 2008 / 16 sett 2011)
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Aver fatto un viaggio in Vespa tanto particolare e trovarmi poi a scrivere delle mie avventure, non lo nascondo, mi faceva sentire nei panni di un "piccolo Bettinelli". Proprio mentre scrivevo queste pagine, Giorgio Bettinelli era di nuovo in viaggio con una Vespa (anche se, purtroppo, non più sul glorioso PX ma su un "4 tempi" di nuova generazione!), attraverso l'ultima immensa nazione che ancora mancava al suo palmarès: la Cina. Un lungo cammino sulle strade del Celeste Impero che lo ha impegnato per diversi anni. Un viaggio che lo ha coinvolto come mai prima, tanto da sposare una dolce ragazza dagli occhi a mandorla e decidere di mettere su casa sulle rive del Mekong. Bettinelli in questo suo ultimo viaggio mantenne i contatti con i suoi lettori (e, tra questi, il sottoscritto) grazie a due blog molto seguiti, uno ospitato sul sito Web del suo editore e l'altro su quello del National Geographic.
Alla fine di questo viaggio, quando uscì il suo ultimo libro dal titolo "La Cina in Vespa", con grande sorpresa e infinito piacere scoprii che, tra quanti l'autore aveva voluto ringraziare nelle ultime pagine del romanzo, compariva anche il nick "L205", con il quale usavo firmare i miei interventi sui suoi blog. Quello che ci eravamo detti dialogando virtualmente aveva forse significato, non solo per me, qualcosa di più di un banale scambio di battute. Fu inevitabile ripensare a quanta strada avevo fatto "seduto dietro alla sua Vespa", viaggiando nelle pagine dei suoi libri. Glielo dissi di persona proprio alla presentazione del suo libro. Non era la prima volta che lo incontravo e Giorgio mi sorprese una volta di più per la cordialità con cui mi accolse, che andava ben oltre quanto mi sarei mai aspettato. Era il 25 giugno 2008. Meno di tre mesi dopo rimbalzava nel Web un triste messaggio postato da sua moglie Ya Pei:
"I am really sad and feeling sorry that Giorgio is far away from us, bird is free he is travelling in another world, cold, Giorgio wanted to write the Tibet book, he could not make it because he needs long sleep. I don't know what can I do for him to finish his dream, his words and his love to us..."
(Sono triste e desolata ma Giorgio non è più con noi, vola libero come un uccello, è in viaggio, ma in un altro mondo, freddo. Giorgio voleva scrivere un libro sul Tibet, ma non può più farlo, ora ha bisogno di dormire. Non so cosa posso fare per continuare il suo sogno, alle sue parole e al suo amore verso di noi..."
Jinghong, 16 settembre 2008
A causa di un'infezione contratta chissà come, Giorgio Bettinelli è morto a soli 53 anni nella sua nuova casa sulle rive del Mekong. Se oggi sono quello che sono e se domani sarò quello che il Cielo vorrà, il merito, in parte, è anche suo.
giovedì 28 luglio 2011
Io, Ilario e le 3 Americhe in Vespa.
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Ilario Lavarra probabilmente oggi è il vespista più popolare del Web. In viaggio ormai da oltre un anno in sella sua Sprint Veloce del '70 è seguito nel suo cammino da migliaia di fans che grazie a Face Book e al suo blog ne invidiano le gesta. Una meravigliosa avventura di cui c'è traccia anche nella sezione “Viaggi” del forum di Vespaonline. Io e Ilario ci siamo incontrati la prima volta proprio in occasione di un raid in Vespa organizzato da Vespaonline anni fa. I suoi primi chilometri da Web-vespista Ilario infatti li ha percorsi su quel forum, come mi ha raccontato in questa intervista in cui mi ha aperto il suo cuore di vespista e la sua anima di viaggiatore.
Ilario, tu come me bazzichi su Vespaonline da parecchi anni, abbiamo frequentato la stagione d'oro degli aperitiVOL milanesi e nei tuoi trascorsi vespistici c'è anche la partecipazione a qualche Raid: quando e come hai cominciato le tue esperienze di viaggio in solitaria?
Poi, ad un certo momento, hai cominciato a pensarti sempre più lontano: da dove nasce un'idea tanto ambiziosa quanto coraggiosa?
Poi c’è la ‘preparazione materiale’: il tempo, i soldi, l’organizzazione e la programmazione, l’equipaggiamento, la stessa Vespa. E premettendo che non c’è una formula matematica che porti dritti dritti al giorno della partenza, per quanto mi riguarda posso semplicemente dire che ho lavorato quattro anni, ho messo da parte quanti più soldi possibile (o, detto in altri termini, ho cercato di sperperare quanto meno denaro possibile), e nel tempo libero (durante i fine settimana o dopo le ore di lavoro) cercavo di portare avanti anche ‘lo sviluppo materiale del progetto’. Se le cose si vogliono davvero credo che il modo per farle lo si trovi. Sempre.
Ilario, la tua avventura è un'esperienza che in tanti invidiano, ma credo ci sia un rovescio di questa medaglia. La tua scelta ti ha obbligato a delle rinunce importanti, negli affetti, nelle certezze del quotidiano: sbaglio?
Sì, una mia piccola paura è proprio quella di non trasmettere a chi mi segue il rovescio della medaglia. Vedendo foto di bei posti, leggendo qualche racconto sul mio blog www.vespanda.com magari si rischia di credere che sia facile, che i bei posti quasi arrivino da soli e che le belle esperienze non lascino spazio a quelle meno belle. Però non è proprio così. Io cerco di essere sempre positivo perché la gente che mi segue vuole sognare, vuole distrarsi. Altrimenti basta che ascolti un telegiornale e la propria dose di negatività se la inietta tranquillamente senza troppa fatica. E intendiamoci, lungi da me voler essere il ‘Messia’ che infonde ‘serenità e positività’! eheheh… credo semplicemente che chi viaggia deve cercare di coinvolgere come meglio può chi sta a casa, cercando comunque di essere il più veritiero e oggettivo possibile! Però non è sempre così matematico. O si cerca di romanzare la propria avventura cercando di trasmettere un po’ di poesia di quello che si sta facendo, o si ricalca la cruda quotidianità di prosaici avvenimenti più o meno belli. Io preferisco la prima opzione. La seconda la lascio ai direttori di telegiornali, agli uffici con i capi rompiballe, allo stress che ti inizia a sporcare appena messa in moto la macchina per andare al lavoro e che finisce quando spegni il motore quando torni dall’ufficio.
E un bel giorno, a New York, ti sei trovato a dare il primo colpo di pedivella e ad ingranare la prima: cosa si prova nel mollare la frizione con davanti la prospettiva di un viaggio come il tuo? Cosa ti è passato nel cervello in quel momento?
Se penso a quell’istante iniziale quasi mi domando se sono ancora io… o se ero io quel ragazzo lì che ingranava la prima senza sapere ancora cosa ne sarebbe seguito, conseguito. Quanti chilometri, quante esperienze, quanto tempo. Mi ricordo solo una grandissima voglia di partire, una enorme, esplosiva necessità di macinare chilometri, di mangiarli, divorarli quei chilometri così a lungo aspettati, bramati, così paurosamente visti lontani per colpa della burocrazia americana, che nelle prime tre settimane di permanenza a New York City pareva impedirmi in tutti i modi di iniziare il mio sogno.
Oggi siamo a luglio del 2011 e sei in viaggio ormai da quattordici mesi con oltre 70.000 chilometri alle spalle: la tua motivazione è ancora forte come il primi tempi o qualcosa è cambiato?
La mia motivazione? È cambiata caro Lorenzo... tutto è cambiato! Io sono cambiato, e me ne accorgo anche ora che sono in corsa, anche ora che non sono ancora arrivato e non ho uno specchio su cui constatare i cambiamenti che si sono spalmati sulla mia pelle, che hanno alterato la struttura molecolare della mia carne. Tutto mi sarà più chiaro quando spegnerò per l’ultima volta la Vespa su questo continente. Ma già ora ti posso dire che quello che prima era aspettativa, ora è certezza. Quelli che prima erano i posti sognati, ora sono già ricordi realizzati. Quello che si prefigurava come un’esperienza di vita, ora è diventata la mia vita.
Tutto si è andato come solidificandosi, materializzandosi, e anche la mia motivazione è diventata più tangibile, più strutturata, più ragionata, più conosciuta. Prima era qualcosa di sognante, quasi onirico, quasi ideale e utopico. Ora è conferma.
In cosa consiste una tua giornata tipo quando non sei stanziale? Quanti chilometri fai e quante ore passi in sella?
Dipende. Dipende dalle condizioni stradali, e dal tipo di strada che mi aspetta. Innanzitutto non è come in Europa le cui varianti per andare da A a B sono solo il chilometraggio e al massimo qualche salita e qualche discesa. In Centro e Sud America vi è anche il fattore ‘manto stradale’. A volte è pessimo, a volte per la strada ci sono crateri enormi che se malauguratamente ti ci infili con le ruotine della Vespa, è fatta. A volte la strada è interrotta per inondazioni o per ponti crollati. A volte la strada è semplicemente sterrato.
Ma se ipotizziamo le condizioni ideali, ovvero buon asfalto, senza troppi passi di montagna (e in Sud America i passi di montagna sono quelli andini, roba da 5000 mt di altitudine!), poco vento e poca pioggia, si possono fare tranquillamente anche 500 km. Mentre in Canada o Alaska, con il fatto che le giornate sono più lunghe, si macinano anche 7-800 km quotidiani. Ore? Direi orario di ufficio con straordinari, ovvero dalle 8 alle 20.
Se me le aspettavo? Più che altro ci speravo.
Un viaggio come il tuo ti ha portato a incontrare una moltitudine di gente diversa: chi ti ha colpito di più? Raccontami tre personaggi, i più significativi, uno per ciascuna delle tre Americhe.
Uhhh! Domanda da un milione di dollari!!! Mi vuoi proprio cavare il sangue!! Come faccio a risponderti? Ho conosciuto migliaia di persone, ognuna con una storia, ognuna con qualcosa da insegnare, ognuna che ha fortificato la mia convinzione, ovvero che più di tutto quello che mi piace di un viaggio del genere sono le persone stesse che incontro per la strada. Con il beneficio di inventario, dimenticandomene senz’altro qualche quintale, ti posso dire:
Nord America: Italo Barazzuti. (motoviaggiatore solitario che ha girato il mondo in sella alla sua Honda Goldwing da lui battezzata “Thelma” fino a quando il suo girovagare si è interrotto per via di un gravissimo incidente stradale. ndr). Troppo intensa è stata l’esperienza che mi ha fatto vivere nella camera di ospedale in cui era ricoverato in coma farmacologico. Vederlo riprendere coscienza, è stato un po’ come rinascere insieme a lui. Non l’avevo mai conosciuto prima di allora personalmente, solo lo scambio di mail che ci può essere con un grande motociclista come lui. E vedermelo lì, sdraiato in coma su quel letto in quella terra lontana che è l’Alaska, io e lui e basta, io e lui entrambi viaggiatori su due ruote, bhè è stato qualcosa di forte. Immaginati vederlo risvegliare dal coma.
Centro America: Enrique Mujica, ragazzo conosciuto a Città del Messico, vespista. Con lui ho passato quasi 20 giorni in una città che ha poco da offrire. Ma si sa, quando si ha la compagnia giusta, tutto diventa più bello. La sua ospitalità, la sua generosità, il suo altruismo nei miei confronti… una grande persona, tanto che ora lo chiamo ‘primo’, cugino.
Vivete bene la Vespa!! È un mezzo straordinario, sarebbe un peccato non sfruttare appieno quello che può dare. E vivetela come meglio potete, con i viaggi in solitaria o in gruppo, facendo anche solo 20 km o macinandone 200, rispondendo ad ogni post o leggendo solamente… ognuno con il proprio metro e con le proprie esperienze! Fino a diventare dei vespisti perfetti, fino a riuscire a succhiarne tutta l’essenza, fino a quando cioè per il semplice motivo di sedersi su questo mezzo si percepiranno tutte quelle emozioni che mischiate insieme dicono si chiamino ‘libertà. Solo i migliori riescono a raggiungerla non dovendo macinare migliaia di chilometri su continenti lontani… i migliori la vivono anche con una gita fuori porta, o addirittura mentre vanno al lavoro seduti sulla propria Vespa! Ecco, auguro a tutti di riuscire a compiere con la propria Vespa quel processo che lo porti a viverla nel migliore dei modi e con poco, pochissimo!
Un abbraccio a tutti!
Lorenzo Franchini ha intervistato Ilario Lavarra.
(è consentita la pubblicazione e la condivisione su altri siti Web citando la fonte https://dovemondofinisce.blogspot.com/)
Nel marzo del 2010, pochi mesi prima di prendere la via delle 3 Americhe, Ilario mi invitò a Modena per presentare il mio libro nella sede delle Tigelle Meccaniche lo scooter club che rappresenta lo zoccolo duro dei suoi fans.
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Ilario Lavarra probabilmente oggi è il vespista più popolare del Web. In viaggio ormai da oltre un anno in sella sua Sprint Veloce del '70 è seguito nel suo cammino da migliaia di fans che grazie a Face Book e al suo blog ne invidiano le gesta. Una meravigliosa avventura di cui c'è traccia anche nella sezione “Viaggi” del forum di Vespaonline. Io e Ilario ci siamo incontrati la prima volta proprio in occasione di un raid in Vespa organizzato da Vespaonline anni fa. I suoi primi chilometri da Web-vespista Ilario infatti li ha percorsi su quel forum, come mi ha raccontato in questa intervista in cui mi ha aperto il suo cuore di vespista e la sua anima di viaggiatore.
Ilario, tu come me bazzichi su Vespaonline da parecchi anni, abbiamo frequentato la stagione d'oro degli aperitiVOL milanesi e nei tuoi trascorsi vespistici c'è anche la partecipazione a qualche Raid: quando e come hai cominciato le tue esperienze di viaggio in solitaria?
Ho scoperto Vespaonline nel 1999, appena dopo aver comprato la mia prima Vespa, una 50L del ’68. Diciamo che la mia frequentazione di Vespaonline ha combaciato con l’inizio del mio ‘vespismo attivo’. E quanti ricordi! La maturità, l’inizio dell’università, anni sicuramente densi della mia vita. E come scordarei miei primi aperitiVOL.: mi ricordo che tutti i santi martedi sera non mi potevo perdere l’incontro con gli altri VOListi milanesi davanti al fontanone del Castello Sforzesco... che bel gruppo che eravamo, quanti amici! Il massimo era quando correvamo con le Vespe nel fossato del castello! Le serate nebbiose di freddo e le notti afose di zanzare, lì sempre lì, davanti al fontanone... mi inizia a scorrere nelle vene la nostalgica malinconia di periodi passati, meglio non andare oltre!
Ma nonostante tutto, nonostante l'esprienza qualche miniraid di VOL Milano, di un Raid 'tosco emiliano’ e di uno ‘statico’ (oltre al ‘Giro di Svizzera’ del 2001), e due raduni con le mitiche Tigelle Meccaniche modenesi, ho sempre preferito il viaggio in solitaria. Fondamentalmente perché viaggi così lunghi o li fai con qualcuno con cui sei molto, ma molto affiatato (disposto ogni tanto a qualche compromesso) o è meglio evitare. Così dapprima ho iniziato a girovagare per l’Italia con la mia ragazza di allora: la classica vacanza estiva, le canoniche quattro settimane. Poi ampliando le traiettorie fuori dai confini nazionali non c'è stata più nemmeno la ragazza... diciamo che la Vespa è un’accentratrice di attenzioni!
Anno dopo anno, estate dopo estate, chilometro dopo chilometro, libro di Giorgio dopo libro di Giorgio (Giorgio Bettinelli - ndr), stavo capendo nel profondo che qualcosa di grande lo si poteva realizzare anche con una piccola Vespa, che un sogno grande lo si poteva costruire anche su di una piccola Vespa. Il Sud America mi ha sempre affascinato, viaggiare anche, la Vespa poi non ne parliamo. Ho quindi semplicemente unito le cose.
Fare il giro delle 3 Americhe in Vespa non è una cosa semplice, chi ha provato a cimentarsi in viaggi più normali, attraverso l'Europa ad esempio, sa di cosa stiamo parlando: come hai preparato un viaggio come il tuo? Come ti sei ritagliato il tempo? Come hai messo da parte i soldi necessari?
Ci sono due tipi di preparazione. Una, più importante, è quella ‘mentale’: la ferma volontà di partire, le motivazioni da scolpirsi dentro. E, almeno secondo me, è qualcosa che va mantecato, qualcosa di cui convincersi giorno dopo giorno. Bisogna saper donare della credibilità al proprio progetto, prima di tutto renderlo non risibile ai nostri stessi occhi. E ci vuole tempo appunto. Non si creda che una cosa del genere la si possa decidere in un paio di giorni: non si avrebbe il tempo di gettare le fondamenta, crollerebbe tutto su sé stesso al piccolo primo scossone. Credo che solo il tempo e i chilometri portino a giusta maturazione un progetto del genere.
Ilario, la tua avventura è un'esperienza che in tanti invidiano, ma credo ci sia un rovescio di questa medaglia. La tua scelta ti ha obbligato a delle rinunce importanti, negli affetti, nelle certezze del quotidiano: sbaglio?
E poi ovvio, il rovescio della medaglia non è solo quello che ometto di scrivere, come i chilometri a volte noiosi, fisicamente faticosi, il freddo e la pioggia, qualche episodio spiacevole, l’incertezza della notte, la pericolosità mortale della strada, i cancerogeni tempi morti, il potersi sentire da soli così lontano da tutto e tutti. Ci sono altri tipi di rinunce come non avere un partner che quando ti butti su un divano ti aiuti a liberarti delle scorie accumulate nella giornata, c’è la lontananza deglii amici e della famiglia.
Ma alla fine per me è sempre la classica storiella: bisogna mettere tutto sulla bilancia, e il piatto più influente, ‘più pesante’ vince. E per me, senza alcuna ombra di dubbio, la poesia di quello che sto vivendo giorno dopo giorno, ha più valenza, più peso di qualche aspetto negativo che naturalmente un viaggio del genere porta con sé. Anzi, senza il rovescio della medaglia non ci sarebbe nemmeno la medaglia stessa… senza gli aspetti negativi, quelli positivi non sarebbero nemmeno così positivi no? E un bel giorno, a New York, ti sei trovato a dare il primo colpo di pedivella e ad ingranare la prima: cosa si prova nel mollare la frizione con davanti la prospettiva di un viaggio come il tuo? Cosa ti è passato nel cervello in quel momento?
Oggi siamo a luglio del 2011 e sei in viaggio ormai da quattordici mesi con oltre 70.000 chilometri alle spalle: la tua motivazione è ancora forte come il primi tempi o qualcosa è cambiato?
La mia motivazione? È cambiata caro Lorenzo... tutto è cambiato! Io sono cambiato, e me ne accorgo anche ora che sono in corsa, anche ora che non sono ancora arrivato e non ho uno specchio su cui constatare i cambiamenti che si sono spalmati sulla mia pelle, che hanno alterato la struttura molecolare della mia carne. Tutto mi sarà più chiaro quando spegnerò per l’ultima volta la Vespa su questo continente. Ma già ora ti posso dire che quello che prima era aspettativa, ora è certezza. Quelli che prima erano i posti sognati, ora sono già ricordi realizzati. Quello che si prefigurava come un’esperienza di vita, ora è diventata la mia vita.
Tutto si è andato come solidificandosi, materializzandosi, e anche la mia motivazione è diventata più tangibile, più strutturata, più ragionata, più conosciuta. Prima era qualcosa di sognante, quasi onirico, quasi ideale e utopico. Ora è conferma.
In cosa consiste una tua giornata tipo quando non sei stanziale? Quanti chilometri fai e quante ore passi in sella?
Ma se ipotizziamo le condizioni ideali, ovvero buon asfalto, senza troppi passi di montagna (e in Sud America i passi di montagna sono quelli andini, roba da 5000 mt di altitudine!), poco vento e poca pioggia, si possono fare tranquillamente anche 500 km. Mentre in Canada o Alaska, con il fatto che le giornate sono più lunghe, si macinano anche 7-800 km quotidiani. Ore? Direi orario di ufficio con straordinari, ovvero dalle 8 alle 20.
Prima gli States, Canada e Alaska, poi Messico, Centro America e Sud America: un territorio immenso, ancora più vasto se attraversato sulla sella di una Vespa. Ilario, cosa provi pensando a tutta la strada già percorsa?
Troppi ricordi Lorenzo. Ogni singola tappa di questo viaggio porta con sé una carriolata di pensieri. Non ti posso rispondere. Ti posso semplicemente dire che guardandomi indietro, mi pare tutto così denso, forse piccolo. Ormai non lo vedo più così grosso questo continente. È la sua bellezza quello che mi rimane, non la ‘grossezza’.
Oggi quali sono le emozioni che stai provando? Sono quelle che ti aspettavi o ti trovi a fare i conti con un Ilario diverso?
Le emozioni che si possono provare in più di un anno di viaggio sono tutte quelle della gamma che ci è dato disporre a noi esseri umani, né più né meno. Forse solo un po’ più amplificate. Per me la solitudine è la cassa di risonanza delle proprie emozioni, nel bene e nel male.Se me le aspettavo? Più che altro ci speravo.
Un viaggio come il tuo ti ha portato a incontrare una moltitudine di gente diversa: chi ti ha colpito di più? Raccontami tre personaggi, i più significativi, uno per ciascuna delle tre Americhe.
Nord America: Italo Barazzuti. (motoviaggiatore solitario che ha girato il mondo in sella alla sua Honda Goldwing da lui battezzata “Thelma” fino a quando il suo girovagare si è interrotto per via di un gravissimo incidente stradale. ndr). Troppo intensa è stata l’esperienza che mi ha fatto vivere nella camera di ospedale in cui era ricoverato in coma farmacologico. Vederlo riprendere coscienza, è stato un po’ come rinascere insieme a lui. Non l’avevo mai conosciuto prima di allora personalmente, solo lo scambio di mail che ci può essere con un grande motociclista come lui. E vedermelo lì, sdraiato in coma su quel letto in quella terra lontana che è l’Alaska, io e lui e basta, io e lui entrambi viaggiatori su due ruote, bhè è stato qualcosa di forte. Immaginati vederlo risvegliare dal coma.
Centro America: Enrique Mujica, ragazzo conosciuto a Città del Messico, vespista. Con lui ho passato quasi 20 giorni in una città che ha poco da offrire. Ma si sa, quando si ha la compagnia giusta, tutto diventa più bello. La sua ospitalità, la sua generosità, il suo altruismo nei miei confronti… una grande persona, tanto che ora lo chiamo ‘primo’, cugino.
Sud America: Jorge Sierra, spagnolo 28enne che da tre anni e mezzo sta girando il mondo a bordo della sua 2CV dell’ 82. Ci siamo conosciuti per caso per strada, trovati amici per affiatamento e vicinanza di vedute. Mi ha insegnato molto nei più di 20 giorni in cui abbiamo viaggiato insieme per il Perù. Mi ha insegnato a vivere profondamente il posto in cui ci si trova. A non essere un semplice passante, ma ad assaporare il piacere della sedentarietà, anche se circoscritta, di un luogo. A divincolarmi dalla necessità di arrivare, e ad apprezzare la libertà che ne scaturisce prendendosi i tempi adeguati da dedicare nel posto in cui ci si trova. Mi ha insegnato a vivere più in stretto contatto con il posto che sto visitando. Tanto per capirci: lui è partito dalla Spagna con l’intenzione di fare un tour di un anno… ed è ancora in viaggio.
Una domanda te la lascio in bianco: cosa vorresti sentirti chiedere?
Effettivamente se ci penso nessuno mi ha mai chiesto con quale Vespa voglio fare il prossimo viaggio (nell’eventualità che ci sia un ‘prossimo viaggio’… spero e credo di sì).
Premetto subito che un viaggio, di quelli non impegnativi, magari alla vecchia maniera, ovvero un’estate e via in qualche parte d’Europa, lo vorrei vivere a bordo della mia Fiat 600 del ’64. È totalmente un’altra filosofia, lo so bene, ma mi piace troppo quella mezza macchinetta color verde.
La Vespa del prossimo viaggio? Sai che sono in difficoltà a risponderti? Da un lato vorrei rinchiudere in un ricordo stagno e definito la Corazzata, legarla biunivocalmente e indissolubilmente al continente americano. Cioè la vorrei lasciare riposare dopo questi 80-90.000 km, metterla lì da qualche parte dove guardandola posso giocare con i ricordi, e niente di più… usare cioè un’altra mia Vespa, magari la TS o la GT. È che arrischiarmi in un altro viaggio sempre con la Corazzata mi fa paura, mi fa paura la possibilità che qualcosa vada storto, che me la possano rubare, o altro. Non potrei sopportare una cosa del genere.
Ma d’altro canto, ripetere un’esperienza come quella che sto facendo sulla mia stessa piccola belva, be' sarebbe solo la continuazione di tanti, tanti chilometri e anni passati insieme sulle strade d’Europa e America. Chissà, vedremo!
Per concludere, cosa puoi dire a quanti oggi, come te qualche anno fa, frequentano il forum Vespaonline e si entusiasmano partecipando ai raid?
Un abbraccio a tutti!
Lorenzo Franchini ha intervistato Ilario Lavarra.
(è consentita la pubblicazione e la condivisione su altri siti Web citando la fonte https://dovemondofinisce.blogspot.com/)
Nel marzo del 2010, pochi mesi prima di prendere la via delle 3 Americhe, Ilario mi invitò a Modena per presentare il mio libro nella sede delle Tigelle Meccaniche lo scooter club che rappresenta lo zoccolo duro dei suoi fans.
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martedì 26 aprile 2011
Destinazione Isola di Wight
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Le peripezie di due amici a bordo di una "2 cavalli" arancione attraverso la Francia, da Milano all'Isola di Wight. È il 1970, ed ecco che quella che poteva essere una vacanza come tante diventa un viaggio vero. Non un pellegrinaggio postumo sui luoghi del mito, bensì la cronaca - romanzata, ma solo quanto serve - di chi quella trasferta è come se l'avesse vissuta per davvero, vista con gli occhi della mente da chi avrebbe voluto esserci ma, soprattutto, scritta con il cuore e ascoltata con l'orecchio dell'anima.
Pagina dopo pagina la "2 cavalli" si fa strada rocambolescamente alla volta dell'Inghilterra. Stringendosi sempre più nell'abitacolo nuovi compagni di viaggio trovano posto accanto ai protagonisti. Ognuno con la sua storia, e per ogni tappa, per ogni episodio, una canzone.
Un libro questo che suona la sua storia riportando la cronaca musicale di quelle giornate che scrissero la colonna sonora di una generazione. Suoni dal secolo scorso che la tecnologia odierna ci consente di ritrovare con facilità. Il modo migliore - a mio avviso - per gustarsi questo libro e quello di leggerlo con il computer a portata di mano aperto su YouTube per ascoltare mano a mano i brani che si incontrano durante la lettura e rendersi conto che anche se sono passati quarant'anni, anche se oggi magari ascoltiamo tutt'altro, dalla nostra testa quei brani non se ne sono mai andati, e non è un caso.
L'incipit.
Sull'autobus che da Victoria Station, Londra, mi porta a Portsmouth un pupo di pochi mesi dal faccino francese ha deciso che siccome lui non ha sonno, nessun altro potrà dormire.
Mi imbarco sull'ultimo traghetto per Ryde quando ormai è buio da un pezzo. Con le cuffie dell'iPod ficcate nelle orecchie, qualche pendolare tenta di rilassarsi in queste cinque miglia di mare che si coprono in poco più di venti minuti.
DESTINAZIONE ISOLA DI WIGHT
Antonio Oleari
Aerostella
Le peripezie di due amici a bordo di una "2 cavalli" arancione attraverso la Francia, da Milano all'Isola di Wight. È il 1970, ed ecco che quella che poteva essere una vacanza come tante diventa un viaggio vero. Non un pellegrinaggio postumo sui luoghi del mito, bensì la cronaca - romanzata, ma solo quanto serve - di chi quella trasferta è come se l'avesse vissuta per davvero, vista con gli occhi della mente da chi avrebbe voluto esserci ma, soprattutto, scritta con il cuore e ascoltata con l'orecchio dell'anima.
Pagina dopo pagina la "2 cavalli" si fa strada rocambolescamente alla volta dell'Inghilterra. Stringendosi sempre più nell'abitacolo nuovi compagni di viaggio trovano posto accanto ai protagonisti. Ognuno con la sua storia, e per ogni tappa, per ogni episodio, una canzone.
Un libro questo che suona la sua storia riportando la cronaca musicale di quelle giornate che scrissero la colonna sonora di una generazione. Suoni dal secolo scorso che la tecnologia odierna ci consente di ritrovare con facilità. Il modo migliore - a mio avviso - per gustarsi questo libro e quello di leggerlo con il computer a portata di mano aperto su YouTube per ascoltare mano a mano i brani che si incontrano durante la lettura e rendersi conto che anche se sono passati quarant'anni, anche se oggi magari ascoltiamo tutt'altro, dalla nostra testa quei brani non se ne sono mai andati, e non è un caso.
L'incipit.
Sull'autobus che da Victoria Station, Londra, mi porta a Portsmouth un pupo di pochi mesi dal faccino francese ha deciso che siccome lui non ha sonno, nessun altro potrà dormire.
Mi imbarco sull'ultimo traghetto per Ryde quando ormai è buio da un pezzo. Con le cuffie dell'iPod ficcate nelle orecchie, qualche pendolare tenta di rilassarsi in queste cinque miglia di mare che si coprono in poco più di venti minuti.
DESTINAZIONE ISOLA DI WIGHT
Antonio Oleari
Aerostella
martedì 1 febbraio 2011
HFMV "on air"
.
Con febbraio scatta il radio-tour di "Hasta la Fin del Mundo...in Vespa!".
Martedì 1° febbraio - ore 20.30 precise! -collegamento telefonico con Lilly e Katya, le "donne al volante" di Radio Number One le quali per una volta, eccezionalmente, molleranno il volante per aggrapparsi al manubrio della mia Vespa patagonica. (in streaming su http://www.radionumberone.tv/wordpress/?page_id=59 )
Sempre martedì 1° febbraio su Radio Città di Bollate si parlerà di Elefantentreffen e di avventure estreme su due ruote... potevo fare a meno di dire la mia? Stay tuned per un intervento in diretta nel corso della trasmissione tra le 20 e le 21... (in streaming su http://www.radiocittabollate.it:8000/live.m3u )
Lunedì 7 febbraio (alle ore 12 e in replica alle ore 17) sarò ospite in studio a Radio LineaRock nel corso del programma "Spectrum" condotto da Antonio Oleari, per provare a coniugare Vespa e letteratura di viaggio... a ritmo di rock! Il tutto sarà replicato mercoledì 9 febbraio sempre alle 12 e alle 17. (in streaming su http://www.linearock.it/rl/linearock/ascolta.do )
Il 15 marzo sarà la volta di Radio OKmusik, con una puntata da non perdere del programma di Gianluca Siano "Surfista da camera" che mi vedrà protagonista per parlare del libro e non solo all'insegna del motto della trasmissione "quattro salti per il mondo surfando la Rete" (in streaming su http://www.okmusik.com/radio/diretta.php )
Stay tuned su... HFMV radio channel!
Con febbraio scatta il radio-tour di "Hasta la Fin del Mundo...in Vespa!".
Martedì 1° febbraio - ore 20.30 precise! -collegamento telefonico con Lilly e Katya, le "donne al volante" di Radio Number One le quali per una volta, eccezionalmente, molleranno il volante per aggrapparsi al manubrio della mia Vespa patagonica. (in streaming su http://www.radionumberone.tv/wordpress/?page_id=59 )
Sempre martedì 1° febbraio su Radio Città di Bollate si parlerà di Elefantentreffen e di avventure estreme su due ruote... potevo fare a meno di dire la mia? Stay tuned per un intervento in diretta nel corso della trasmissione tra le 20 e le 21... (in streaming su http://www.radiocittabollate.it:8000/live.m3u )
Lunedì 7 febbraio (alle ore 12 e in replica alle ore 17) sarò ospite in studio a Radio LineaRock nel corso del programma "Spectrum" condotto da Antonio Oleari, per provare a coniugare Vespa e letteratura di viaggio... a ritmo di rock! Il tutto sarà replicato mercoledì 9 febbraio sempre alle 12 e alle 17. (in streaming su http://www.linearock.it/rl/linearock/ascolta.do )
Il 15 marzo sarà la volta di Radio OKmusik, con una puntata da non perdere del programma di Gianluca Siano "Surfista da camera" che mi vedrà protagonista per parlare del libro e non solo all'insegna del motto della trasmissione "quattro salti per il mondo surfando la Rete" (in streaming su http://www.okmusik.com/radio/diretta.php )
Stay tuned su... HFMV radio channel!
lunedì 31 gennaio 2011
Siberia
.
Di modi per viaggiare ce ne sono parecchi e il viaggio in treno non è certo una novità nel panorama della narrativa di genere. Ma non bisogna commettere l'errore di credere che possa essere facile immedesimarsi in questo racconto. Il rassicurante rullare cadenzato dell'incedere dei vagoni diventa quasi un'ossessione quando la durata delle tratte arrriva a essere di giorni e giorni consecutivi. Il viaggio spesso è fatica e poche volte è vero come in questo caso. Scegliere di arrivare in treno fino al limite estremo dell'oriente russo è una scelta coraggiosa. Più semplice e veloce sarebbe andarci in volo, ma questa sarebbe la scelta del turista. Il viaggiatore invece sa che deve sporcarsi le mani se vuole avere la consapevolezza piena di ciò che sta tra la partenza e l'arrivo. Molto difficilmente Daniele Gatti avrebbe potuto "sporcarsi" più di così.
Da leggere anche solo per poter dire "ma chi gliel'ha fatto fare?" pensando a quanto in fondo ci dispiaccia non avere il coraggio di provarci.
SIBERIA terra addormentata.
Daniele Gatti
acquistabile in versione cartacea su LULU o scaricabile gratuitamente da questo link
Di modi per viaggiare ce ne sono parecchi e il viaggio in treno non è certo una novità nel panorama della narrativa di genere. Ma non bisogna commettere l'errore di credere che possa essere facile immedesimarsi in questo racconto. Il rassicurante rullare cadenzato dell'incedere dei vagoni diventa quasi un'ossessione quando la durata delle tratte arrriva a essere di giorni e giorni consecutivi. Il viaggio spesso è fatica e poche volte è vero come in questo caso. Scegliere di arrivare in treno fino al limite estremo dell'oriente russo è una scelta coraggiosa. Più semplice e veloce sarebbe andarci in volo, ma questa sarebbe la scelta del turista. Il viaggiatore invece sa che deve sporcarsi le mani se vuole avere la consapevolezza piena di ciò che sta tra la partenza e l'arrivo. Molto difficilmente Daniele Gatti avrebbe potuto "sporcarsi" più di così.
Da leggere anche solo per poter dire "ma chi gliel'ha fatto fare?" pensando a quanto in fondo ci dispiaccia non avere il coraggio di provarci.
SIBERIA terra addormentata.
Daniele Gatti
acquistabile in versione cartacea su LULU o scaricabile gratuitamente da questo link
giovedì 6 gennaio 2011
...mondo?
.
“L’uomo sarà l’unico essere vivente ad autoestinguersi per imbecillità. Amen.”.
Un conto è leggere un romanzo e arrivare da soli, grazie all’aiuto dell’autore, a determinate conclusioni. Ben diverso - e molto meno divertente a mio avviso - trovarsi a rileggere lo stesso concetto ripetuto ossessivamente per 160 pagine. E questa volta lo stile montagnino ma suggestivo della scrittura di Corona (utilizzato in maniera magistrale nel suo romanzo “L’ombra del bastone”), mentre di solito è di grande aiuto per sentirsi parte delle sue storie in questo libro diventa un’ulteriore nota stonata. Non c’è un protagonista, non ci sono personaggi ma, soprattutto, non c’è una storia. Strabiliante, ma in senso negativo, l’ultima parte del “primo quaderno”, alla fine del capitolo 7, con la descrizione del palazzo della Mondadori in versione “mondo storto”.
Dopo tante belle pagine lette nei suoi libri precedenti la mia impressione è che Corona sia inciampato nell’esigenza imposta di pubblicare per forza qualcosa tutti gli anni. Così fosse la Mondadori dovrebbe dimostrare maggior rispetto per i suoi lettori e per i suoi autori... un momento... forse adesso capisco perché Corona le abbia fatto fare la fine che si è immaginato.
Amen.
L’incipit.
Una mattina d’inverno, le disgrazie d’altronde capitano spesso d’inverno, il mondo si sveglia e scopre che non ci sono più petrolio, né gas né carbone né corrente elettrica.
Un libro di una banalità sconcertante, che non aggiunge nulla di quanto Corona non abbia già scritto (e in maniera decisamente più riuscita!) tra le righe di altri suoi romanzi precedenti.
La mia maestra delle elementari diceva che di ogni libro, anche di quelli che non ci piacciono, vanno lette almeno cento pagine o un terzo del totale. Con mia sorpresa già a pagina trenta la tentazione di mollare il colpo è stata parecchia, ma ho tenuto botta. Ero sicuro che Corona a un certo punto avrebbe svoltato e che la storia avrebbe preso il volo. Arrivato a quota cento, visto che ormai ero ben oltre la metà, sono andato fino in fondo. Lo sforzo mi è servito per convincermi di quella che, ci tengo a precisare, è una personalissima conclusione, ovvero che l’ultima frase del romanzo esprima da sola il concetto che questo libro ripete dall’inizio alla fine:
“L’uomo sarà l’unico essere vivente ad autoestinguersi per imbecillità. Amen.”.
Un conto è leggere un romanzo e arrivare da soli, grazie all’aiuto dell’autore, a determinate conclusioni. Ben diverso - e molto meno divertente a mio avviso - trovarsi a rileggere lo stesso concetto ripetuto ossessivamente per 160 pagine. E questa volta lo stile montagnino ma suggestivo della scrittura di Corona (utilizzato in maniera magistrale nel suo romanzo “L’ombra del bastone”), mentre di solito è di grande aiuto per sentirsi parte delle sue storie in questo libro diventa un’ulteriore nota stonata. Non c’è un protagonista, non ci sono personaggi ma, soprattutto, non c’è una storia. Strabiliante, ma in senso negativo, l’ultima parte del “primo quaderno”, alla fine del capitolo 7, con la descrizione del palazzo della Mondadori in versione “mondo storto”.
Dopo tante belle pagine lette nei suoi libri precedenti la mia impressione è che Corona sia inciampato nell’esigenza imposta di pubblicare per forza qualcosa tutti gli anni. Così fosse la Mondadori dovrebbe dimostrare maggior rispetto per i suoi lettori e per i suoi autori... un momento... forse adesso capisco perché Corona le abbia fatto fare la fine che si è immaginato.
Amen.
L’incipit.
Una mattina d’inverno, le disgrazie d’altronde capitano spesso d’inverno, il mondo si sveglia e scopre che non ci sono più petrolio, né gas né carbone né corrente elettrica.
Mondadori
di Mauro Corona sono invece da leggere assolutamente:
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