"Quando ero giovane e avevo in corpo la voglia di essere da qualche parte, la gente matura m'assicurava che la maturità avrebbe guarito questa rogna. Quando gli anni mi dissero maturo, fu l'età di mezzo la cura prescritta. Alla mezza età mi garantirono che un'età più avanzata avrebbe calmato la mia febbre. E ora che ne ho molti di più sarà forse la vecchiaia a giovarmi? Nulla ha funzionato. Quattro rauchi fischi della sirena d'una nave continuano a farmi rizzare il pelo sul collo, e mettermi i piedi in movimento. Il rumore di un aereo a reazione, un motore che si scalda, persino uno sbatter di zoccoli sul selciato suscitano l'antico brivido, la bocca secca, le mani roventi, lo stomaco in agitazione sotto la gabbia delle costole. In altre parole non miglioro. Vagabondo ero, vagabondo resto. Temo che la malattia sia incurabile. Metto giù questa roba non per istruire gli altri, ma per informare me stesso".

Questo brano è l'incipit del romanzo "Viaggio con Charley" di John Steinbeck. È stato il primo libro che rilessi da capo non appena l'ebbi terminato. Avevo
tra i 16 e i 18 anni. Un libro che è sempre rimasto ben presente nella mia testa, a
cominciare da questa prima pagina. L'ultima volta che mi sono trovato a rileggerlo è stato poco dopo il
mio 40° compleanno. Trovai che quell'incipit fosse il
miglior augurio che potessi farmi per quel mio importante e fatidico
anniversario.
"Charley è un barboncino francese, riservato e tollerante come
un vecchio gentiluomo". Scrive Steinbeck: "Ritiene d'essere un cane di prima
categoria.". Il romanzo narra del viaggio compiuto dall'autore nel 1960, quando
aveva 58 anni e la sua popolarità era decisamente in declino dopo il suo periodo
di maggior successo, iniziato negli anni '30 e durato fino all'inizio della
Seconda Guerra Mondiale. Un viaggio compiuto a bordo di un camper dal nome
evocativo, "Ronzinante", in compagnia appunto di Charley il barboncino. Un
viaggio alla riscoperta del suo paese, guidato dal suo intuito, abilissimo nel
cogliere l'atmosfera dei tempi che cambiano. Tanti incontri casuali che
diventano pagine memorabili, come memorabili sono i suoi monologhi con il fido
Charley. Due anni dopo quel viaggio Steinbeck vide il coronamento della sua
carriera di scrittore con l'attribuzione del Premio Nobel.
Charley è il nome con cui ho battezzato la mia Vespa.
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